Palermo: rescindere il contratto con l’Amia

La ripresa dell’operatività per Bellolampo purtroppo non cancellerà i disservizi Amia. D’altra parte, che l’Amia, distrutta da un decennio di allegre gestioni, non onori il contratto con il Comune e renda un pessimo servizio ai cittadini palermitani è cosa nota. Chiunque cammini per le strade di Palermo prova vergogna per il mancato spazzamento, la frequenza ridicola con cui vengono svuotati i cestini e il diserbo inesistente.

Diciamolo con franchezza: il Comune potrebbe rescindere il contratto con l’Amia e gaudagnarci in minor onerosità del servizio e miglioramento della qualità.

Nonostante i ripetuti appelli e la precarietà della situazione finanziaria dell’azienda, i comportamenti negativi sono così consolidati che non si riesce a intravedere uno sbocco positivo.

Eppure altre città con minor personale assicurano servizi infinitamente migliori.

Genova ha 500 dipendenti in meno di Palermo, ma raccoglie 90.000 tonnellate di differenziata (40%) l’anno contro appena il 7% dell’Amia.

E mentre Bellolampo somiglia a un giorne dantesco, la discarica genovese produce, attraverso l’utilizzo del biogas recuperato, 60 milioni di kwh di energia. L’azienda genovese ha istallato in discarica un impianto fotovoltaico di 50 Kw, e stima una prossima produzione di energia eolica per circa 100 MW.

Se ci rivolgiamo all’Amia per conoscere l’entità della raccolta differenziata divisa per tipologia merceologica non avremo nessuna risposta. Viceversa a Genova sono in grado di fornire i dati dettagliati divisi perfino per circoscrizione.

Quando poi guardiamo ai dati di bilancio dell’Amia e ai due milioni di perdite mensili, ci chiediamo perchè a Torino l’Amiat consegua un utile di 3 milioni di euro e ricavi ben 6 milioni di euro dalla vendita dei materiali recuperati attraverso la raccolta differenziata.

L’Amia dunque non fornisce servizi adeguati, costa tantissimo e arreca un danno in termini di immagine e funzionalità all’intera comunità palermitana. E’ da chiedersi per quanto tempo ancora.

 

Aldo Penna

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