Il Tar è intervenuto a gamba tesa sull’ordinanza del Comune di Palermo che regolamenta la movida. Nel mirino del tribunale amministrativo la parte del testo che si riferisce alle sale da gioco, che prevede orari di spegnimento determinati per macchinette, slot e videopoker. Questo dopo il ricorso presentato da una società attiva nel settore delle scommesse, che è riuscita a ottenere la sospensione di quella parte dell’ordinanza. E pure in tempi piuttosto celeri.
«I passi in avanti che si fanno a livello normativo poi soccombono alla richiesta di chi detiene l’azzardo – dice a MeridioNews Gino Gandolfo, responsabile regionale della campagna Mettiamoci in gioco, contro i rischi dell’azzardo – Questo perché hanno grosse capacità, soprattutto economiche, per ingaggiare avvocati e fare ricorsi. Il caso di Palermo non mi meraviglia perché, purtroppo, in Italia in questi anni il governo centrale ha tenuto in mano la gestione dell’azzardo, senza delegarlo alle regioni o alle istituzioni periferiche. Tutto – critica Gandolfo- è governato dallo Stato che dagli introiti dell’azzardo ottiene una percentuale».
«A bilancio vengono messi circa dieci miliardi di euro l’anno e i vari responsabili della gestione e i parlamentari non hanno voluto rinunciare a questa cifra – continua il responsabile di Mettiamoci in gioco – Abbiamo chiesto di dare autonomia ai sindaci e alle regioni, perché i dati cambiano di territorio in territorio e sarebbe fondamentale per i Comuni, primo avamposto dello Stato, essere nelle condizioni di gestire questa situazione. La storia – aggiunge – insegna però che alcuni sindaci coraggiosi negli ultimi 15 anni si sono impegnati a contrastare l’azzardo creando dei regolamenti ad hoc, efficaci perché regolano l’offerta. Dal canto loro – fa notare Gandolfo – però, le lobby dell’azzardo si sono mobilitate appellandosi ai tribunali amministrativi regionali. Alcuni sindaci hanno perso il ricorso perché una legge comunale non può scavalcarne una nazionale, altri invece hanno vinto – spiega – perché un Comune deve avere a tutela la salute dei cittadini e, quindi, il sindaco è legittimato».
E in un’Isola come la Sicilia, che nella classifica nazionale è seconda solo alla Campania per spese relative all’azzardo, dove nella sola provincia di Palermo ogni anno si bruciano 2,5 miliardi di euro – 2.895 euro per ogni singolo abitante – è probabile che i presupposti per contrastare il ricorso da parte del primo cittadino Roberto Lagalla e soci ci siano. Ne è certo quanto meno l’assessore alle Attività produttive, Giuliano Forzinetti: «Restiamo tranquilli e fiduciosi sul pronunciamento della Camera di consiglio – dice – Le iniziative previste nel regolamento movida sono state adottate per contrastare il fenomeno della ludopatia e loro legittimità d’azione è stata già sostenuta da altre sentenze». La trattazione al Tar è attesa per l’11 aprile, intanto Gandolfo suggerisce la soluzione trovata dal sindaco di Bergamo, Giorgio Gori. Il primo cittadino della Lombardia, di fronte a una situazione simile, portò a difesa della sua tesi i dati dei Serd relativi alle dipendenze dall’azzardo, dimostrando così i tratti di una patologia che troppo spesso rimane ancora sottovalutata.
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