Palermo, non finiscono i guai per Maurizio Zamparini La Cassazione conferma i domiciliari per l’ex patron

Si chiude dopo un anno e mezzo la lunga vicenda giudiziaria che ha visto protagonista Maurizio Zamparini. La Cassazione ha infatti confermato i domiciliari per l’ex patron del Palermo, rigettando il ricorso dell’imprenditore friulano contro la decisione dei giudici palermitani di qualche tempo fa. La misura cautelare, dunque, adesso è eseguibile con Zamparini accusato, tra l’altro, di falso in bilancio e autoriciclaggio. La sentenza era attesa già nella giornata di ieri ed è arrivata soltanto questa mattina dopo una lunghissima Camera di Consiglio. L’ex presidente rosanero perde dunque la sua lunga battaglia con la giustizia che ha vissuto varie tappe.

Quasi un paio di anni fa, infatti, i pm Dario Scaletta e Francesca Dessì, oltre all’aggiunto Salvo De Luca e al procuratore Francesco Lo Voi che coordinarono l’inchiesta, chiesero già i domiciliari per l’imprenditore friulano. Tutto ciò avvenne dopo l’irruzione della guardia di finanza in sede e a casa dello stesso ex patron avvenuta nel luglio del 2017, con l’obiettivo di confermare un buco da circa 120 milioni nelle casse della società che invece, libri contabili alla mano, sembrava essere sana. La richiesta dei pm fu però respinta dal gip che sostenne la mancanza di esigenze cautelari per l’arresto nonostante gli indizi di colpevolezza a suo carico. La decisione fu tale anche grazie alla scelta di Zamparini, che in quel periodo lasciò la presidenza del Palermo e le cariche ricoperte all’interno del club di viale del Fante. Il provvedimento del gip, successivamente, fu ribaltato nello scorso mese di ottobre al Riesame, che invece accolse la richiesta dei pm. E qui Zamparini decise di fare ricorso in Cassazione, ma la battaglia legale lo vede oggi uscire sconfitto.

Tra l’altro, le indagini non coinvolgono soltanto Maurizio Zamparini, ma anche il figlio Diego, la segretaria Alessandra Bonometti, oltre a diversi professionisti e a Giovanni Giammarva, ex presidente del Palermo. Tutti accusati, a vario titolo, di false comunicazioni sociali, ostacolo alle funzioni di vigilanza della Co.Vi.So.C., sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Fino al 2018, infatti, a garantire le certificazioni sui bilanci sarebbero state comunicazioni inesatte. E questo avrebbe garantito al club di viale del Fante l’iscrizione ai campionati di serie A e serie B (che la società invece non avrebbe potuto ottenere) tra il 2014 e il 2016. E di questo aspetto risponderebbe proprio Giammarva la cui figura, secondo la procura, avrebbe ostacolato l’esercizio delle funzioni dell’autorità pubblica di vigilanza.

Alla società Palermo è invece stato contestato l’illecito amministrativo che deriva dal reato di autoriciclaggio che sarebbe stato commesso da Zamparini. Quest’ultimo si sarebbe sistematicamente servito della Mepal S.r.l., società di cui era l’amministratore nata per la commercializzazione dei prodotti rosanero, come una sorta di cassaforte. In sostanza l’ex patron avrebbe messo al riparo le disponibilità del club dalle procedure esecutive dell’Erario. Tutto questo sarebbe avvenuto tramite finanziamenti simulati verso Mepal (titolare del marchio e il progetto per lo stadio), che poi è stata ceduta per circa 40 milioni a una società che ha sede in Lussemburgo. Si tratta di Alyssa che, secondo i pm, sarebbe un’altra società riconducibile sempre a Maurizo Zamparini. Il valore del marchio, secondo la procura, era nettamente inferiore. Il prezzo maggiorato avrebbe consentito al Palermo di avere una sorta di riserva monetaria utile a ripianare il rosso in bilancio di circa 27 milioni di euro. E l’operazione di cessione ad Alyssa, società appartenente alla famiglia Zamparini, sarebbe dunque stata fittizia.

Con l’indagine penale, la procura di Palermo aveva anche presentato istanza di fallimento nei confronti del club rosanero. La richiesta fu però respinta dai giudici fallimentari nel mese di marzo del 2018. Nei mesi scorsi, però, la procura di Caltanissetta ha aperto un’altra indagine parallela che vede coinvolti Giammarva e il giudice fallimentare palermitano Giuseppe Sidoti, presente proprio in quel collegio che poi respinse l’istanza di fallimento. Entrambi sono stati interdetti dalle loro funzioni e sono accusati, inoltre, di corruzione per aver pilotato il processo che ha evitato il fallimento della società rosanero. Insomma, le beghe legali per il Palermo potrebbero non essere finite qui. In ballo, infatti, c’è anche la decisione sul sequestro di 50 milioni respinto dal giudice Anfuso e confermata dal Riesame, mentre quello disposto dal gip (del valore di circa un milione e 100mila euro) era stato annullato. Per questo, probabilmente, bisognerà attendere il mese di marzoCome comunicato dalla società, in ogni caso, i provvedimenti in atto escludono ripercussioni economiche sul club.

Luca Di Noto

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