«Quando finisce la scuola non c’è nulla di pensato e organizzato dal Comune per i bambini. Quindi, o hai i soldi e ti paghi qualcosa di privato, o li butti in mezzo alla strada, o li inchiodi davanti al televisore». Esordisce così Gaia, mamma di due figlie di nove e un anno e mezzo, quando le viene chiesto se secondo lei Palermo è una città a misura di bambino. I parcheggi selvaggi, l’assenza di scivoli nei marciapiedi per permettere il transito dei passeggini sono solo alcuni dei problemi che quotidianamente incontrano i genitori che vivono a Palermo. Persino in via Papireto, dove c’è un asilo nido comunale, non si può arrivare col passeggino senza fare gincane incredibili e sali e scendi dai marciapiedi, perché non c’è uno scivolo e le macchine sono spesso posteggiate in modo selvaggio.
«Nove anni fa quando è nata Manila volevo scappare da Palermo, non c’era completamente nulla, ero esasperata e avvilita – aggiunge Gaia – Adesso, da quando è nata anche la seconda bambina, la città è un po’ diversa, delle cose sono cambiate e migliorate, un minimo di interventi basilari sono stati fatti. Dai quattro giochini tristi a piazza Indipendenza che ho sotto casa, al parco della Salute dove porto spesso le piccole a giocare. C’è l’isola pedonale in centro quindi è bello la mattina portarle a scuola in bici. E proprio nel centro storico qualcosa è stata fatta, ma ce ne sarebbero ancora un’infinità di altre da fare». Un’area in città che è a misura di bambino è certamente piazza Magione, grazie al piccolo parco giochi costruito col finanziamento di Addiopizzo, il campetto di calcio aperto a tutti e la scuola della piazza aperta il pomeriggio, un servizio voluto e organizzato dai genitori, dalla scuola e da alcune associazioni. Ma fuori dal centro storico i genitori e le famiglie sono quasi completamente abbandonati a se stessi.
«Palermo ha una situazione scandalosa in primis per i pochissimi asili nido comunali – racconta Miriam, mamma di Giulia di tre anni – Manca l’abc per i bambini in città, specialmente in periferia. mancano i parco giochi, gli scivoli per i passeggini, è quasi tutto affidato all’attività dei privati. Nelle periferie mancano i servizi essenziali, nella zona dove vivo io, vicino al Forum, la prima ludoteca è a Brancaccio». Alcuni spazi comunali che prima erano aperti ai bambini adesso sono tristemente chiusi, come la ludoteca di piazza Marina e anche il polmone verde di villa Malfitano, che da alcuni mesi ha chiuso i battenti diventando inaccessibile a bambini e mamme.
«Sono stata spesso in nord Europa – spiega Sara, mamma di Elena, bimba di quattro anni – mi sono quasi emozionata. Noi qui aspettiamo i quarant’anni prima di convincerci a fare un figlio, mentre fuori ci sono coppie giovanissime con due e tre bambini e sono felici perché le città sono pensate oserei dire soprattutto in funzione dei bambini. Ci sono parchi e aree per l’allattamento, i pub e i ristoranti hanno tutti degli spazi per i bambini con giochi e per potergli cambiare il pannolino, il Comune paga baby sitter e ci sono asili gratuiti per tutti. Qua appena fai un figlio puoi dire addio alla vita sociale, perché non ci sono luoghi attrezzati per accogliere i bambini e ti senti quasi in difetto se esci e porti il bambino al ristorante».
Se durante la settimana le attività per bambini sono scarse, durante il weekend diventano praticamente nulle. «La biblioteca comunale per bambini che c’è al Capo è aperta solo durante i giorni feriali in orari d’ufficio, se il fine settimana volessi portare mia figlia non posso – racconta infine anche Rosita, mamma di Mariam, che ha due anni – Quando arriva il weekend tremo e non vedo l’ora che arrivi il lunedì per portare la bambina in asilo, perché questa città ha poco da offrire ai bambini».
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