Nel calcio a volte capita che Davide superi Golia ma è un’eccezione. Nella maggior parte dei casi la squadra più forte vince contro quella più debole e la regola è stata confermata ieri sera al Barbera dove il Palermo è stato piegato dal Napoli che ha conquistato l’intera posta in palio imponendo la propria superiorità. Una superiorità schiacciante contro la quale non ha potuto nulla un Palermo dignitoso ma evanescente. Ha retto solo un tempo la compagine dell’esordiente in A De Zerbi, sostituito in panchina dal vice Possanzini in quanto squalificato.
Dopo una prima frazione giocata con un certo ordine tattico e trascorsa senza correre particolari pericoli complice la poca concretezza dei partenopei, nella ripresa i padroni di casa hanno diminuito l’intensità e, una volta subito il primo gol (a segno Hamsik che con 82 reti ha staccato Maradona al terzo posto solitario della classifica dei marcatori azzurri in campionato nella massima serie), non sono più riusciti a contenere l’onda d’urto della formazione di Sarri. Troppo netta la differenza di valori in campo. Troppo grande il divario tra una squadra costruita faticosamente per la salvezza ed una big come il Napoli che, pur avendo perso il bomber Higuain, ha mantenuto standard elevati con un organico più ampio rispetto a quello della scorsa stagione. Un organico competitivo e in grado di dare fastidio alla Juventus nella lotta per lo scudetto.
I rosa, alla seconda sconfitta interna consecutiva, obiettivamente erano davanti ad una montagna da scalare e nel momento in cui la strada da percorrere viene ostacolata anche da errori individuali (il riferimento è alla «papera» del portiere Posavec in occasione del 3-0 firmato Callejon o alla diagonale errata di Aleesami nell’azione del 2-0 siglato dall’esterno offensivo spagnolo) la missione diventa impossibile. È chiaro che il Palermo non incontrerà sempre squadre come il Napoli e che la gara di ieri non può essere un parametro di riferimento per misurare la reale dimensione dei rosanero ma, a prescindere dalla forza dell’avversario, il match ha ribadito comunque che il Palermo ha delle lacune e dei limiti strutturali. Il problema più grave è quello relativo all’attacco. L’undici rosanero non solo segna pochi gol (in quattro partite ufficiali ne ha realizzati solo due) ma fatica anche a tirare in porta. Manca un attaccante puro, un punto di riferimento in grado di impensierire le difese avversarie e capitalizzare il volume di gioco sviluppato dai compagni. La formula con il capitano Diamanti falso centravanti ieri sera non ha funzionato anche perché il numero 23 rosanero non è una vera punta e l’ingresso dopo l’intervallo di Nestorovski, attaccante che deve ancora adattarsi ai ritmi del calcio italiano, non ha cambiato l’inerzia della partita.
Scusate la retorica ma è la verità: per vincere le partite bisogna segnare e in questo momento il Palermo non sembra avere i mezzi per potere incidere o cambiare il volto di una gara.
De Zerbi, animato da motivazioni ed entusiasmo, non ha avuto ancora il tempo necessario per trasmettere ai giocatori il proprio credo calcistico ma non ha la bacchetta magica. Per fare le nozze con i fichi secchi non bastano idee e coraggio. Senza una rosa all’altezza è difficile costruire un progetto vincente.
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