Chiudere gli aeroporti italiani ai voli provenienti dalla Cina può essere un rimedio efficace a contrastare il pericolo di diffusione nel nostro Paese del tanto temuto nuovo Coronavirus? Secondo Gaetano, giovane palermitano sposato con una ragazza cinese, che durante i giorni dello sbarramento delle frontiere si trovava proprio a Pechino per festeggiare il capodanno con la moglie, no. E lui ne è la prova vivente, visto che è riuscito lo stesso e senza troppi affanni, a tornare a Palermo. E la soluzione gli è stata prospettata proprio dall’unità di crisi istituita dal governo italiano, con una mail che specificava che solo i voli diretti dalla Cina all’Italia erano sospesi e che avrebbe potuto tranquillamente fare rientro nel bel Paese scegliendo un volo con scalo in un altro Stato.
«Ho letto la notizia – racconta – e dopo tre ore avevamo già prenotato il biglietto per Madrid, perché sapevo che il nostro volo sarebbe stato cancellato il giorno stesso. In Cina ci sono miliardi di controlli all’aeroporto: nel giro di poco tempo mi hanno preso la temperatura almeno tre volte. In aereo nessuno aveva la febbre o mostrava sintomi influenzali, ma mi aspettavo che una volta scesi in Spagna ci sarebbero stati altri test da parte delle autorità locali, ma così non è stato. Abbiamo dormito una notte a Madrid e il giorno dopo siamo ripartiti a Milano. Io avrei voluto, anche per la mia sicurezza, essere controllato, ma magari il mio è stato solo un caso».
E neanche nel capoluogo meneghino la coppia ha subito controlli sanitari di alcun tipo, anche perché non aveva senso controllare un volo che di fatto proveniva dalla Spagna e non dall’Asia. La storia di Gaetano, tuttavia «non deve allarmare» come ripete lui stesso più volte, piuttosto deve fare riflettere sull’effettiva utilità della disposizione di chiudere gli scali italiani. «È proprio da stupidi pensare – continua il giovane – che chiudendo gli aeroporti italiani ai voli provenienti dalla Cina le persone non riescano ad arrivare, al contrario, così si finisce per perdere il controllo degli accessi. La chiusura della frontiera ai voli cinesi sembra più che altro una via d’uscita politica, anche perché sono la prova che si può entrare e in questo caso anche senza essere sottoposto a controlli».
Ma com’è percepita in Cina l’emergenza Coronavirus? «In Italia la psicosi è molto più accentuata, anche se ci sono stati solo due casi accertati – racconta ancora Gaetano – mentre in Cina ci sono molte precauzioni, ma il popolo è straordinario, non si scoraggia, sa che deve lottare e ha fiducia, anche alla luce di quanto successo a Wuhan, con l’ospedale costruito in pochi giorni». Ma più della psicosi collettiva è un’altra la cosa che il palermitano teme di più: «l’idea – dice – che i cinesi siano in qualche modo tutti portatori di questa malattia e il razzismo nei loro confronti che questa convinzione sta generando».
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