Palazzo di cemento: la consegna degli alloggi popolari Con due anni di ritardo rivive l’ex simbolo del degrado

La fine dei lavori era prevista per il 18 novembre del 2018. Trascorsi più di due anni, spezzati da annunci e costanti nodi al fazzoletto, il palazzo di cemento, nel quartiere periferico Librino, passa ufficialmente a nuova vita. Da ex simbolo del degrado a contenitore di 96 alloggi popolari. Oggi la consegna delle prime chiavi agli assegnatari in graduatoria. Procedura che avverrà in maniera graduale seguendo la divisione della struttura tra scala A e scala B. Al cancello d’ingresso, presidiato da vigili urbani e polizia, si sono radunati praticamente tutti i nuovi inquilini. Una ressa, durata quasi un’ora, terminata con l’annuncio di un funzionario del Comune che ha spiegato da una balaustra l’organizzazione. La prima inquilina a prendersi carico dell’appartamento è stata Concetta Greco. Accompagnata al terzo piano della torre dal sindaco Salvo Pogliese, e da diversi giornalisti e operatori, la signora ha fatto visita alla sua nuova casa. 

«Siamo felici di avere raggiunto questo risultato – spiega il primo cittadino – Procederemo in modo graduale per evitare quello che è accaduto in passato, quando questi momenti diventavano occasioni per occupazioni abusive». Lo sgombero del palazzo avvenne a maggio del 2011 durante la sindacatura di Raffaele Stancanelli. Un momento ricco di tensione culminato con un presidio degli ex residenti abusivi in piazza Duomo, davanti al municipio, e con scontri con le forze dell’ordine. Il civico 7 di viale San Teodoro e il parallelo viale Moncada 3: le dure torri, come vengono indicati lo stesso palazzo di cemento e la struttura che c’è di fronte, in passato hanno rappresentato il centro di potere della famiglia mafiosa degli Arena. Il capostipite Giovanni Arena venne arrestato a Librino nel 2011 dopo una latitanza durata 13 anni. La moglie, Loredana Agata Avitabile, si guadagnò anche l’appellativo di zarina del palazzo di cemento

La torre di viale Moncada, alta 52 metri, suddivisa in 16 piani con i suoi 96 alloggi, è stata costruita da una società del cavaliere del lavoro Francesco Finocchiaro con progetto dell’architetto Giacomo Leone. Un iter molto lungo culminato addirittura con l’occupazione abusiva, nel 1992, quando il Comune di Catania non aveva ancora preso in consegna la struttura. L’attenzione dell’opinione pubblica e dei media arriva però soltanto nel 2000, anno in cui venne presentata la prima denuncia di occupazione abusiva ai carabinieri. La storia recente – dopo lo sgombero – rimanda ai fondi del Patto per Catania e ai quasi sei milioni di euro utilizzati per la riqualificazione. Operazione non semplice caratterizzata da tanti rallentamenti. Alcuni dei quali dovuti anche alla ditta che ha eseguito i lavori. Oggi la consegna simbolica delle prime chiavi ma i lavori non sono ancora ultimati. Resta da capire il futuro dei primi due piani, inizialmente destinati alle associazioni che operano nel quartiere ma non rientrati nell’appalto generale. 

Dario De Luca

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