Palaghiaccio, 70 cani randagi nell’ex Ente fiera Esercenti: «Impossibile lavorare». Ma il Comune risparmia

«Qualche tempo fa due ciclisti hanno letteralmente lasciato andare le bici e hanno scavalcato un muretto per mettersi al riparo. L’anno scorso una donna incinta è anche svenuta, mentre i dipendenti del call center vicino sono costretti a entrare dall’altra parte perché chi arrivava in motorino veniva sempre aggredito. Perfino la polizia a cavallo che deve raggiungere il boschetto della playa, ha preferito trovare un’altra via d’ingresso». L’elenco dei disagi per chi frequenta il Palaghiaccio di Catania, lungo il viale Kennedy, è lungo. E tutti sembrerebbero accomunati dalla presenza di un numeroso gruppo di cani randagi: sono circa 70. Cresciuti di anno in anno. 

All’inizio erano solo qualche unità. Il nucleo originario risalirebbe addirittura alla fine degli anni ’90. La loro casa è l’enorme spazio che si allarga alle spalle dell’ex Ente fiera, proprio di fronte al Palaghiaccio della playa. Un’area tanto grande quanto permeabile, delimitata da recinzioni precarie e reti metalliche bucate in più punti. Da dove i cani fuoriescono fino ad arrivare sulla porta degli esercizi commerciali che gravitano intorno alla struttura sportiva: un call center, il ristorante cinese, una pizzeria, oltre allo stesso Palaghiacchio. «I clienti si spaventano e molti non tornano più», si lamenta lo chef Vincenzo Motta. Ma chi gestisce gli animali minimizza: «Non rappresentano un pericolo, se fossero morsicatori non li lasceremmo certo liberi».

L’area dove vivono i randagi è di proprietà del Comune. Qui fino al 2005 venivano tenuti i mezzi della nettezza urbana e già allora, tra autocompattatori e bidoni, era presente un gruppo di una trentina di cani. Tuttavia, mai il Comune ha destinato ufficialmente quest’area a ricovero per randagi o oasi canina, quale invece è diventata. Da quasi dieci anni, gli unici a gestire il posto e a dare da mangiare agli animali sono gli animalisti dell’associazione Sos Randagi, il cui presidente è l’avvocato Alberto TrimboliLo stesso che ha raccontato di utilizzare l’ex maneggio nell’Oasi del Simeto, dove ha portato alcune carcasse di cani rimaste non seppellite. Fino allo scorso dicembre Sos Randagi aveva una convenzione con il Comune per il monitoraggio, il censimento e la sterilizzazione dei randagi nella periferia Sud di Catania. «Altre associazioni magari accumulano cani in casa propria, noi abbiamo deciso di utilizzare quest’area dopo che il Comune l’ha dismessa. E’ un modo per drenare l’accesso al canile, perché di una cosa sono certo: per nessuna ragione al mondo finiranno dentro una gabbia». 

Un obiettivo che conviene anche all’ente pubblico, alle prese con gravi problemi di gestione del fenomeno del randagismo. Il canile Nova Entra, che fino alla fine di dicembre 2014 è titolare del servizio per il Comune di Catania, è saturo, con 600 cani. Ma i randagi in città sono molti di più. Da qui la ricerca di collaborazione con le associazioni animaliste. Tuttavia, l’attività di monitoraggio non prevede la concentrazione di così tanti randagi in un’unica struttura, peraltro non riconosciuta ufficialmente, ma un accompagnamento sul territorio. Un notevole risparmio per l’amministrazione che, almeno secondo gli atti di delibera pubblicati, ripaga queste associazioni soltanto con forniture di croccantini. I conti li ha fatti lo stesso Trimboli: «Facciamo risparmiare all’amministrazione 120mila euro all’anno». Per ogni animale, infatti, palazzo degli Elefanti paga 2 euro e 50 centesimi al giorno al canile. «Noi riusciamo a fare tutto con 700 euro al mese che mettiamo di tasca nostra», precisa il presidente di Sos Randagi.

Resta però il disagio per chi lavora al Palaghiaccio. «Appena insediati, abbiamo inviato lettere all’Asl e al Comune – spiega Roberto Pesce, per conto del ristorante pizzeria Iamm Ià, che da settembre ha cambiato gestione – ma nessuno ci ha risposto». «La settimana scorsa tre cani sono entrati nella sala e si avvicinavano mostrandomi i denti – racconta il barista Angelo Leonardi – ho avuto paura, meno male che poi uno di quelli che li gestisce se li è chiamati». Per Giovanni Montagna, responsabile tecnico del Palaghiaccio, la soluzione potrebbe essere semplice: «Il problema non sono i cani, ma la recinzione, basterebbe chiuderla bene».

Secondo l’associazione animalista i randagi sono tutti microchippati e le femmine sterilizzate. «Non ci sono morsicatori – precisa Giorgia Timoniere, altra volontaria – il Comune conosce questa situazione e poi i cani c’erano prima che arrivassero tutti questi signori». Dello stesso avviso Trimboli. «Sapevano cosa avevano davanti quando hanno preso la gestione del ristorante, la verità è che la loro attività non va come speravano e cercano un pretesto». 

Solo un altro tassello di quel limbo che è diventata la gestione del randagismo a Catania, fatta di poche risorse, troppi sprechi e soluzioni approssimative. 

Salvo Catalano

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