«È appena stato approvato in Commissione l’emendamento Salva-Imprese che aiuterà quelle piccole e medie società siciliane di filiera. I subappaltatori della Cmc potranno avere finalmente una boccata d’ossigeno». L’annuncio arriva stamane proprio dal ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, al termine dell’incontro con il provveditore Gianluca Ievolella, negli uffici del Provveditorato interregionale delle opere pubbliche, che si è svolto stamane a Palermo. Il riferimento è ai crediti vantati nei confronti della Cmc anche dalle decine di imprese impegnate nei cantieri della statale 640 Agrigento-Caltanissetta e negli interventi di ammodernamento della Palermo-Agrigento, dove i lavori proseguono da anni a singhiozzo e i lavoratori da mesi sono in cassa integrazione.
«Il decreto Crescita contiene una norma Salva imprese che prevede 45,5 milioni anche per il pregresso», aggiunge Toninelli rivelando forse la notizia più ghiotta e attesa da tempo dalle ditte impegnate nei numerosi cantieri sparsi nell’Isola e nel Paese. Il fondo è contenuto nel decreto Crescita, ora in discussione alla Camera. Peccato, però, che nella notte siano cambiati i paletti che fissano i termini per la restituzione delle somme vantate dalle stesse imprese. Un «colpa di spugna» che ha fatto scattare l’ira delle 120 imprese siciliane creditrici per 60 milioni di euro del gruppo Cmc che contra oltre 2500 dipendenti.
«Ci sembra di essere di fronte a una furbata che non comprendiamo e chiediamo la convocazione urgente di un tavolo comune al ministero dei Trasporti, considerato che il tavolo tecnico avrebbe dovuto riunirsi già oltre 20 giorni fa», denuncia il Consiglio direttivo del Comitato creditori siciliani della Cmc. «Apprendiamo con stupore e indignazione della modifica notturna avvenuta durante la riscrittura dell’emendamento, già approvato dalle commissioni Bilancio e Finanze della Camera, che istituisce il Fondo Salva-imprese per il parziale ristoro dei creditori dei general contractor in crisi».
A quanto si è appreso, infatti, nella nuova versione sarebbe stato eliminato il termine di pagamento urgente dei crediti entro 85-90 giorni, scaricando sulle imprese l’onere di dimostrare l’esistenza di tali crediti e il loro ammontare, affidando ai debitori il compito di certificarli, il tutto senza indicare un termine di scadenza perentori. Un vero e proprio colpo di spugna, che «rinvia sine die il pagamento dei nostri crediti, e vanifica qualsiasi promessa o impegno. La politica smetta una volta per tutte di prenderci in giro e si renda conto del fatto che tutti noi, 168 aziende con 3.597 dipendenti, che avanziamo 108 milioni in totale, non potremo proseguire i lavori nei cantieri se non riceveremo subito il dovuto».
Il consiglio direttivo, infine, lancia un ultimatum al governo: «Non siamo neanche disponibili a barattare soldi con quote dei nuovi soggetti che saranno creati per salvare i general contractor, né a lavorare o a fare forniture, così come già accaduto per ben tre volte nel quadrilatero, per conto di chi si sta muovendo per comprare i general contractor pensando di farci proseguire con pochi spiccioli in una visione della Sicilia terra di conquista. Giocare con la vita di così tante persone – conclude la nota -, a tutela di chissà quali interessi che non si comprendono, è veramente da irresponsabili».
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