La notifica è arrivata come un fulmine a ciel sereno mentre lui, titolare del punto vendita ed ex consigliere comunale, era dietro al bancone a lavorare. Il chiosco di Riccardo La Spina, nella frazione Lineri di Misterbianco, è al centro di un’ordinanza di demolizione siglata dagli uffici comunali misterbianchesi e datata alcuni giorni fa. Secondo il documento, l’ex consigliere avrebbe ampliato illecitamente il suo chioschetto di bibite in due modi diversi: intanto pavimentando la base con il calcestruzzo, aumentando di 18,5 metri quadrati la superficie calpestabile, e poi realizzando una sorta di veranda di vetro e alluminio di 15 metri quadrati, usata «come sala di ristoro».
Così l’ordine è netto: demolire gli abusi entro 90 giorni, altrimenti a La Spina potrebbe toccare una multa di un importo compreso tra i due e i ventimila euro. «Decorso inutilmente il termine perentorio sopra assegnato senza che sia stata eseguita la demolizione delle opere abusive – continua l’ordinanza – il bene sarà acquisito di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune».
La storia del negozietto è più complicata di quanto possa sembrare. Per un motivo, principalmente: la genesi che ha portato alla sua costruzione è citata anche nella relazione prefettizia per lo scioglimento per mafia del Consiglio comunale di Misterbianco. «Per la commissione – si legge nel documento pubblicato in Gazzetta ufficiale – risulta significativa la mancanza di incisività nell’attività di controllo del territorio». In riferimento proprio al suddetto chiosco, vicenda «sintomo di un usuale modus operandi funzionale ad alimentare favoritismi e illegalità diffusa». Secondo gli emissari della prefettura la «celerità nella concessione del suolo pubblico» era quantomeno sospetta.
Per anni quel chiosco avrebbe usufruito di ampliamenti abusivi, appurati solo ad aprile 2019, dopo un controllo disposto dalla commissione prefettizia ed effettuato dai carabinieri di Misterbianco. «Contestualmente veniva accertato – prosegue la relazione – che l’imposta dovuta per la concessione del suolo pubblico, a eccezione del primo anno, non era stata pagata».
Comprendere per quale motivo un chiosco finisca in una relazione sullo scioglimento di un Comune è cosa facile: l’8 settembre 2019 lì di fronte, con il patrocinio dell’amministrazione di Misterbianco, si tiene un concerto del cantante neomelodico Andrea Zeta, nome d’arte per Filippo Zuccaro. Accusato di associazione mafiosa nell’inchiesta che da lui prende ispirazione, Zeta – adesso libero – è il figlio del sanguinario boss della famiglia Santapaola-Ercolano Maurizio Zuccaro, ergastolano. Un rapporto di stretta amicizia lega l’artista non solo al proprietario del chiosco, l’ex consigliere Riccardo La Spina (già delegato dell’ex sindaco Nino Di Guardo per le frazioni), ma anche al figlio di quest’ultimo, Fabio. Il giovane è stato destinatario anche lui di un’ordinanza di custodia cautelare nell’ambito dell’inchiesta antimafia del 20 marzo 2019.
«Faremo ricorso contro l’ordinanza di demolizione – annuncia Riccardo La Spina a MeridioNews – La pedana l’ho trovata già così, se il casotto è abusivo lo demolirò senz’altro». E le altre osservazioni degli uffici comunali? «Non sono un ingegnere, le verificherò con i tecnici», dice, prima di tornare a lavoro. Sempre dietro al bancone di quel chiosco.
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