Economia

Opzione Donna e pensione integrativa, le carte del Governo per la riforma previdenziale

La Manovra Finanziaria del 2024 dovrebbe occuparsi, il condizionale è d’obbligo, anche della riforma pensionistica. Tema caldo per il governo di Giorgia Meloni, alle prese con la difficile partita dei fondi e delle coperture economiche. Per questo iniziano a farsi strada delle misure alternative: Opzione Donna, la staffetta generazionale e la pensione integrativa.

Soprattutto quest’ultimo strumento è quello più in gettonato nell’ultimo periodo, vista la grande incertezza sul futuro previdenziale e il difficile contesto economico. La pensione integrativa è una forma di investimento che ha come obiettivo tutelare gli anni della vecchiaia. Le pensioni che saranno erogate dall’INPS, infatti, potranno non essere sufficienti per garantire a tutti lo stesso tenore di vita, dal momento che il trend demografico italiano parla di un forte invecchiamento mentre quello occupazionale vede sempre meno giovani inclusi nel mercato del lavoro. Ecco allora che la previdenza integrativa si configura come un investimento fondamentale, su cui si sta investendo anche in Sicilia, una regione dove il numero delle pensioni erogate supera la platea dei lavoratori autonomi e dipendenti. A riferirlo era stato un report dell’Ufficio Studi CGIA di Mestre, che ha messo in luce un grande divario tra Nord e Sud Italia per quanto riguarda la differenza tra pensionati e occupati.

Sul tavolo del Governo ci sono poi anche altre misure. Come ad esempio quella della staffetta generazionale, una misura che permette “per due anni al pensionato di formare un giovane sotto i 35 anni, assunto con contratto a tempo indeterminato”, ha spiegato il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che precisa però una problematica: “abbiamo dovuto rinunciare per mancanza di copertura finanziaria”. Una misura che ha riscosso abbastanza successo e che quindi tornerà ad essere analizzata, così come il riscatto della laurea facilitato, i cui costi sono oggi ai minimi storici ma comunque piuttosto alti per il ceto medio.

L’altra proposta oggetto di confronto tra governo e parti sociali è quella di Opzione Donna, con l’ipotesi di eliminare il paletto dei figli a carico per le lavoratrici che possono usufruire dell’agevolazione. La modifica permetterebbe anche a chi non ha figli di accedere all’uscita da lavoro a 58 anni. Dialogo aperto anche per quanto riguarda il Piano Under 35, quelli che rischiano di essere i più colpiti dall’attuale situazione. Una ricerca del Consiglio Nazionale dei Giovani afferma infatti che i lavoratori nati dopo la fine degli anni 80 dovranno lavorare fino a 74 anni per avere poco più di mille euro al mese, con l’opportunità di lasciare il posto a 66 anni ma con appena 900 euro lordi di assegno mensile. Una situazione tutt’altro che rosea per il domani dei lavoratori di oggi.

Redazione

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