Rinvio a giudizio per Pino Maniaci, accusato di estorsione, e per i nove indagati coinvolti insieme a lui nell’ambito dell’operazione Kelevra e che hanno scelto il rito ordinario, a cui viene contestato il reato di associazione mafiosa. «L’ho chiesto io, quindi», commenta a caldo Maniaci, «Mi dispiace che si debba aspettare tanto. Al dibattimento saremo pronti per dire la nostra». Il processo avrà inizio a metà luglio davanti alla corte della seconda sezione penale del tribunale. Riconosciuti per il giornalista di Partinico tutti i capi d’imputazione. Tolti invece i capi due, tre e quattro ad alcuni indagati per mafia relativi alla contestazione del reato di ricettazione. «Tutto come doveva andare, ma in fondo era quello che volevamo». Sorride Maniaci e dice di essere stato sicuro sin dal primo momento che la giudice Gabriella Natale avrebbe optato per il processo.
Durante l’arringa di questa mattina l’avvocato Antonio Ingroia, che difende il cronista di Telejato insieme all’avvocato Bartolomeo Parrino, aveva fatto appello alla funzione riparatoria della giustizia: «Questo processo è un torto che va cancellato come un’ignominia», commenta, tirando in causa anche buona parte della stampa, colpevole secondo i legali e Maniaci stesso di aver contribuito a veicolare una «condanna mediatica senza prove». Inevitabile anche il riferimento alla chiusura di Telejato dovuta alla pioggia di querele, annunciata ieri a mezzo social e attraverso una breve nota, argomento che ha tenuto banco per tutta la mattina: «Qui ci sono in ballo tutta una serie di torti contro Maniaci ma anche nei confronti della collettività», aggiunge Ingroia.
«Cosa si vuole fare pagare a Maniaci con questo processo? – conclude – Il suo coraggio che diventa spavalderia? La sua incoscienza che fa e osa e perciò mette a nudo la cattiva coscienza di chi non fa e non osa? La sua imprudenza e la sua mancanza di riguardo che non guarda in faccia nessuno, mafia ufficiale e antimafia ufficiale?».
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