«Se anziché una nave privata, vi fosse stata una presenza più avanzata della nostra autorità giudiziaria, i trafficanti che hanno ucciso quel ragazzo li avremmo già presi e non sarebbero tornati in Libia». Il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro riparte dall’ultimo episodio di cronaca per rispondere alle domande della commissione nazionale Antimafia in merito alle sue indagini sulle Ong impegnate nel salvataggio dei migranti nel Mediterraneo.
Dopo le audizioni in commissione Schengen e in quella Difesa, il magistrato etneo è comparso stamattina davanti a quella presieduta dalla presidente Rosy Bindi. Tante le domande, anche sulla città di Catania. Ma il tema principale restano gli accertamenti sui presunti rapporti tra trafficanti e alcune organizzazione non governative, accuse sempre respinte con forza da queste ultime.
Sabato, a bordo della nave della ong maltese Moas, è giunto anche il cadavere di un 19enne. «È stato ucciso poco prima di essere tratto in salvo, mentre era nel barcone, da un trafficante che, essendosi accorto della presenza di un aereo, ha invitato tutti i migranti a togliersi il cappello. Il giovane non ha colto e il trafficante gli ha sparato a freddo uccidendolo», ha raccontato Zuccaro. Un episodio che è servito per ribadire la richiesta già avanzata in commissione Difesa: «È fondamentale disporre del pronto intervento di unità di polizia giudiziaria nelle zone in cui si verifica l’accompagnamento dei trafficanti – ha detto -. Se invece delle Ong, trovassero personale di polizia giudiziaria che può intervenire, renderemmo questo traffico molto più difficile, non gli daremmo la certezza dell’impunità che adesso hanno». Seconda istanza è usare «le intercettazioni» dei satellitari. «Sarebbe utile – ha aggiunto – che venga reso più esplicito che anche la guardia costiera possa svolgere attività di polizia giudiziaria (anche se da sola non può essere lasciata). La macchina sta funzionando a medio regime e abbiamo invece le forze per farla funzionare meglio».
Zuccaro ha ribadito che le accuse di contatti diretti sono basate su «alcune indicazioni che venivano da Frontex e dalla nostra marina militare che parlavano del travalicamento delle acque libiche e di altre comunicazione via internet e via radio tra alcune persone operanti a bordo di navi di alcune Ong e persone sulla terraferma libica. Dissi che era necessario consentire a questo ufficio di fare indagini per dare corpo a sospetti o per smentirli». E qui il procuratore per la prima volta ammette pubblicamente che l’esposizione mediatica ha peggiorato il quadro. «Per cercare di chiarire questa mia indicazione, che è stata fortemente equivocata, ho rilasciato alcune interviste, ma mi sono reso conto che non hanno chiarito questo aspetto, bensì lo hanno ulteriormente complicato».
Ancora più categorico rispondendo alla domanda sulle accuse di un presunto finanziamento da parte di trafficanti ad alcune Ong. «È solo un’ipotesi di lavoro, significa che la procura chiede di poter chiarire questo argomento sempre con la finalità di impedire il traffico. Non c’è dubbio che i trafficanti stiano ricattando chi opera i salvataggi, esponendo i migranti. Ho parlato di questa ipotesi di lavoro per ottenere l’aiuto di tutte le forze parlamentari, ma mai ho detto di avere alcun elemento probatorio in questo senso».
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