Ong e trafficanti, Zuccaro in commissione Difesa Accuse, richieste alla politica e opinioni personali

«Siamo in una fase in cui non riusciamo a svolgere attività investigativa di ampio respiro: il focus della nostra azione non sono le Ong, ma i trafficanti e il traffico illecito di migranti». Carmelo Zuccaro parla per ore davanti alla commissione Difesa del Senato, fornisce ulteriori dettagli molto interessanti sulle indagini condotte dalla Procura di Catania e avanza richieste precise alle istituzioni politiche e militari: «Ci servono strumenti per lavorare meglio e riprendere l’azione investigativa che con qualche successo avevamo condotto in passato».

Con l’audizione di oggi pomeriggio si chiude in qualche modo un cerchio. Se per settimane ci si è chiesti come mai un magistrato scrupoloso, poco incline all’esposizione mediatica e per nulla sprovveduto, abbia scelto di lanciare pubblicamente accuse gravi ad alcune Ong in una fase di indagini preliminari, l’audizione di oggi fornisce un ultimo tassello al puzzle delle risposte. Zuccaro chiede adesso interventi concreti per rendere più efficiente il lavoro del pool che coordina. Un primo passo, a dicembre, è stata la scelta di non perseguire più penalmente i semplici scafisti per il reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Adesso l’asticella si alza: servono più uomini, più risorse e delle piccole modifiche legislative. «Dobbiamo poter intercettare le comunicazioni satellitari – spiega -, dall’esame del traffico dei telefoni Thuraya (i più comuni satellitari ndr), potrebbero emergere collegamenti importanti e altri dati utili per identificare i trafficanti». 

A proposito delle comunicazioni satellitari, Zuccaro lancia una nuova accusa alle Ong. «Gli scafisti dicono di aver ricevuto ordini dai trafficanti: di gettare il telefono in mare se vengono soccorsi dai militari. Se invece i soccorsi arrivano dalle Ong, è capitato che il telefono viene recuperato e usato per altre richieste di soccorso successivamente. Cioè chiamate partite dallo stesso telefono satellitare». Quindi continua con le richieste: «Sarebbe utile che le navi delle Ong non battano bandiera dello Stato in cui è stata comprata la nave, quanto piuttosto del Paese dove hanno sede. Molte invece battono bandiere di Stati con cui la collaborazione giudiziaria è difficoltosa: Belize, Isole Marshall, Panama». 

Viene ribadita l’accusa di sconfinamento in acque territoriali libiche, dopo aver disattivato i transponder, e quindi aver fatto perdere il proprio segnale. Le stesse Ong hanno confermato di essere entrate nelle 12 miglia libiche, ma solo in caso di rischi per i migranti e sempre dopo autorizzazioni della centrale della Guardia costiera. Quest’ultima, proprio stamattina, ha ammesso che la mancata ricezione del segnale può avvenire perché le Ong possono trovarsi in zone d’ombra. Proprio per togliere ogni dubbio, Zuccaro chiede di permettere «a mezzi di polizia giudiziaria di intervenire per seguire la rotta delle imbarcazioni che disattivano i transponder, che qualcuno cioè si levi in volo per vedere dove si trova quella nave».

Determinante, a detta del procuratore, è far salire a bordo dei mezzi di soccorso forze di polizia giudiziaria. «Uno dei più grossi problemi è il non avere polizia giudiziaria in acqua. La guardia costiera potrebbe diventarlo, ma da sola sarebbe insufficiente per ragioni di organico ed esperienza operativa. Serve personale con solida esperienza operativa, come la Guardia di finanza, lo Sco e i carabinieri». L’obiettivo è anche «effettuare intercettazioni giudiziarie, nel rispetto del codice penale, non solo delle comunicazioni telefoniche ma anche di quelle telematiche tra la Libia e alcune imbarcazioni. Per fare questo – dice – basterebbe un intervento legislativo minimo e notevoli risorse economiche». 

Altro nodo cruciale è il modo in cui la Procura sarebbe entrata in possesso delle informazioni su cui si basano le accuse di contatti diretti tra alcune Ong e i trafficanti. Zuccaro smentisce il coinvolgimento di servizi segreti. «Non ho chiesto ai nostri servizi di sicurezza di avere dei dati perché comunque non li potrei utilizzare. Tuttavia dispongo di dati che mi vengono da Frontex e dalla Marina militare. L’esistenza di contatti radio, di comunicazioni tra la Libia e le navi vengono da loro. Noi lavoriamo per fini collimanti con i servizi, ma le modalità sono diverse e debbono restare diverse, noi dialoghiamo solo con forze di polizia giudiziaria». 

Diverso sarebbe invece il quadro sull’altro filone di indagini: quello sui presunti finanziamenti da parte dei trafficanti ad alcune Ong. «Sono solo ipotesi investigative, per cui sarebbe utile avere strumenti per cercare le fonti di finanziamento delle Ong di più recente costituzione. Moas dispone di due droni, adesso anche di un aereo molto performante che ha grossi costi. Da dove proviene questo denaro?». Il vederci chiaro sui finanziamenti, secondo Zuccaro, cammina a braccetto con «la presenza negli organici di alcune Ong di profili non esattamente collimanti con i filantropi. Tutte queste cose emergono da dati non processualmente utilizzabili».

«La posta in gioco – rilancia il procuratore – è di estremo rilievo: evitare che si rafforzino trafficanti che hanno armi e che renderanno difficile la stabilizzazione della Libia. Vengo da una terra in cui, quando si è offerta a organizzazioni criminali la possibilità di rafforzarsi con traffici illeciti, queste sono diventate molto più pericolose. Se a Cosa Nostra non si fosse consentito di disporre di ingenti volumi di denaro, per loro non sarebbe stato facile infiltrarsi nel tessuto dell’economia. Quando in Sicilia qualcuno cominciò a dire che c’erano imprese colluse, si sollevò un grande scandalo perché si diceva che si voleva impedire a queste imprese di operare. I magistrati, che per questo sono anche morti, si ponevano forse il problema che qualche impresa veniva trascinata nel sospetto? Non mi appartiene fare di tutta l’erba un fascio, allora datemi possibilità di distinguere, ma consentitemi di segnalarvelo». In un altro passaggio della lunga audizione, Zuccaro fa riferimento alla mafia. «Ho contezza che le organizzazioni mafiose del nostro territorio appetiscono l’ingente quantità di denaro che viene erogata per l’accoglienza dei migranti. Somme che sono state intercettate o che si tenta di intercettare. Alcuni centri per minori che non hanno idoneità sono stati chiusi, ma per aprirne di nuovi, nelle attuali condizioni di emergenza, basta un’autorizzazione del governo regionale».

Zuccaro si avventura in una valutazione personale del fenomeno immigrazione – «a mio avviso è impossibile ospitare in Italia i migranti di carattere economico» – e sottolinea come «la gestione dei flussi migratori non può che competere agli stati. Per le Ong il carattere economico non può essere un discrimine perché per loro una vita umana vale allo stesso modo. Ma per uno stato però la differenza è rilevante». Infine una battuta sulla sua convocazione al Consiglio superiore della magistratura: «Non mi sento condizionato, anzi il Csm finora non ha dato risposte negative alla mia richiesta di aiuto. Credo che si sia fatta confusione su diversi livelli. Quello in cui ho operato venendo a deporre è il livello di un magistrato che, disponendo di osservatorio privilegiato, è riuscito ad avere alcuni tipi di informazioni. Elaborandole, ho potuto trarre la netta consapevolezza che la gestione del traffico non avviene nel pieno rispetto delle regole imposte dalla legge italiana e dalla convenzione di Amburgo. La comunicazione nelle sedi istituzionali e quelle strettamente a esse collegate è doverosa e non viola il dovere di riserbo che deve accompagnare il magistrato. Poi ci sono le indagini vere e proprie su cui non ho mai fornito indicazioni e mai le farò».


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