Tra i componenti del commando che, il 9 agosto 1991, uccise il giudice Antonino Scopelliti c’era anche il killer di Cosa nostra catanese Maurizio Avola. A dirlo è lo stesso ex esponente della famiglia Santapaola-Ercolano, oggi collaboratore di giustizia, nel corso del processo Nrangheta stragista in corso di svolgimento a Reggio Calabria. Avola, oltre ad ammettere il proprio coinvolgimento, ha specificato che il delitto va ricondotto al ruolo che il giudice avrebbe avuto da lì a poco in Cassazione: la Suprema corte, infatti, avrebbe dovuto esaminare i ricorsi legati al maxi-processo contro Cosa nostra.
Per questo, a volere la morte del sostituto procuratore generale sarebbero stati in molti in Sicilia. Davanti al procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, Avola ha specificato di avere ricevuto notizia della decisione di fare fuori Scopelliti cinque giorni prima del delitto. A quel tempo, l’attuale collaboratore di giustizia era uno dei killer più fidati della famiglia mafiosa catanese. A lui Aldo Ercolano, figlio dello storico boss Pippo, si era rivolto quasi un decennio prima per uccidere il giornalista Pippo Fava. Proprio Aldo Ercolano, insieme a Marcello D’Agata, incaricaò Avola del delitto. Va detto che l’omicidio del giudice era un progetto che Cosa nostra stava caldeggiando da tempo. Mesi prima, in primavera, un summit per discutere del da farsi si sarebbe tenuto a Trapani, alla presenza del boss di Castelvetrano Matteo Messina Denaro. A non essere d’accordo sarebbe stato invece il padre dell’attuale latitante.
Le indagini sulla morte di Scopelliti – il giudice venne assassinato mentre faceva ritorno nel luogo dove trascorreva le vacanze estive con la famiglia – si erano riaccese già l’anno scorso con il ritrovamento dell’arma, un fucile a canne mozze, che sarebbe stato usata per il delitto. Dell’organizzazione di un incontro nel Trapanese si era invece già parlato a marzo di quest’anno.
Nel corso dell’udienza di oggi, Avola ha anche fatto riferimento alla Falange Armata, enigmatica sigla che per nella stagione delle stragi ha firmato e rivendicato pesanti fatti di sangue contro le istituzioni. Il collaboratore di giustizia ha detto che dietro ci sarebbe stata direttamente Cosa nostra. Tra gli imputati del processo Ndrangheta stragista, oltre ai boss calabresi con cui Cosa nostra avrebbe stretto un’alleanza, c’è anche Giuseppe Graviano, il boss palermitano di Brancaccio, tra i principali registi mafiosi dell’inizio degli anni Novanta.
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