Gli investigatori non hanno dubbi. Il mandante dell’omicidio di Salvatore Sciacchitano, detto Mirko, freddato come un boss il 3 ottobre scorso in via della Conciliazione, alla Guadagna, a Palermo, è Salvatore Profeta, 70 anni, scarcerato eccellente. Dal 2011 era tornato in libertà dopo 18 anni di reclusione e la revisione del processo sulla strage di via D’Amelio che lo aveva scagionato. Lo scorso 12 novembre era tornato in carcere nell’ambito dell’operazione Stirpe della Polizia, che aveva smantellato il mandamento di Santa Maria di Gesù, uno dei più potenti di Palermo. E proprio nel penitenziario è stato raggiunto dalla nuova ordinanza di custodia cautelare eseguita dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Palermo nell’ambito del seguito dell’operazione Torre dei Diavoli, che lo scorso 11 dicembre aveva portato all’arresto di sei persone, documentando la riorganizzazione di Cosa nostra.
Destinatari dei provvedimenti, emessi dal gip di Palermo su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, anche il figlio di Profeta, Antonino, 26 anni, e il genero Francesco Pedalino, 37, ritenuti gli esecutori materiali. Il gip ha inoltre convalidato i fermi dell’11 dicembre scorso nei confronti di Giuseppe Greco, Natale Giuseppe Gambino, Gabriele Pedalino, Domenico Ilardi, Lorenzo Scarantino e Francesco Urso. Nel corso dell’indagine è emerso che Salvatore Profeta aveva rifiutato ogni candidatura alle cariche elettive della famiglia di Santa Maria di Gesù sia per l’età avanzata, sia, verosimilmente, per la sua parentela con il pentito Vincenzo Scarantino. In ogni caso avrebbe rappresentato per il boss Giuseppe Greco una sorta di consigliori in virtù della sua autorevolezza criminale.
Antonino Profeta, invece, è stato indicato dagli investigatori come il figlioccio di Giuseppe Greco che l’avrebbe scelto come proprio rappresentante particolare. Tale ruolo, non previsto formalmente nella gerarchia mafiosa, avrebbe consentito al giovane uomo d’onore di interloquire direttamente con altri affiliati, svincolato dagli obblighi e dalle limitazioni tipiche derivanti dalla posizione di soldato e testimonia la grande considerazione in cui era tenuto all’interno dell’organizzazione. Infine Francesco Pedalino sarebbe stato recentemente designato capodecina, ponendo addirittura alle sue dipendenza uomini d’onore ben più anziani. «Antonino Profeta e Francesco Pedalino. come pure il figlio Gabriele – dicono gli investigatori – rappresentano le nuove leve della famiglia che operavano sotto il controllo dei vertici di cui riscuotevano ampia fiducia».
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