Omicidio Mariella Cimò, al via il processo per Salvatore Di Grazia

E’ iniziata ieri la prima udienza che vede alla sbarra Salvatore Di Grazia come unico imputato per l’omicidio della moglie Mariella Cimò, la donna siciliana sparita il 25 agosto 2011, dalla sua abitazione di San Gregorio (Catania), e mai più ritrovata. L’uomo, difeso dall’avvocato Salvatore Rapisarda, era stato arrestato lo scorso 26 novembre con l’accusa di omicidio e soppressione di cadavere con l’aggravante del legame familiare e della crudeltà.

Pochi giorni dopo il Gip del Tribunale etneo, Alessandro Ricciardo, su richiesta della Procura della Repubblica, gli ha concesso gli arresti domiciliari.

Ieri, davanti alla Corte d’Assise, presieduta da Rosario Cuteri, c’erano anche 13 persone tra nipoti e pro nipoti che si sono costituiti parte civile nel processo e alcuni di loro, ad eccezione di Massimo Cicero, erano difesi dal legale Dario Pastore.

Per la Procura di Catania, la causa dell’omicidio di Mariella Cimò (nella foto a sinistra), è da cercarsi in un litigio finito male che i due coniugi avrebbero avuto in merito alla decisione della donna di chiudere l’autolavaggio, perché diventato ormai luogo di incontri ‘galanti’. Qui, infatti, l’uomo incontrava donne molto più giovani di lui.

In aula sono state proiettate le immagini acquisite dalle telecamere di sorveglianza poste all’uscita della villa che ritraggono solo il momento in cui Mariellà Cimò rientra in casa. Nessuna traccia invece di lei che esce dalla villa. Da alcuni frammenti delle registrazioni si vedono arrivare diverse automobili, tra cui un pickup e un furgone, ma la donna non si vede in nessuna delle vetture.

Queste le prime prove indiziarie su cui si fonderebbe l’impianto accusatorio; prove che costituirebbero, in assenza del corpo, “la prova logica che la donna non avendo mai lasciato la sua abitazione sarebbe deceduta”.

Lo sgomento dei nipoti Massimo Cicero e Antonella Cicero a LinkSicilia: “Questi non possono chiamarsi arresti domiciliari. Oltre a rilasciare interviste, cosa proibita dal Tribunale del Riesame, il signor Di Grazia ha a disposizione un’ora e mezza per ben tre volte a settimana, per sbrigare le sue faccende. L’altro giorno un ufficiale giudiziario – racconta Cicero – lo cercava perché gli doveva notificare un atto. Sapete dove l’ha trovato? All’autolavaggio di Aci Sant’Antonio gestito dalla donna adesso indagata per favoreggiamento. Il nostro obiettivo – conclude – è quello di trovare il corpo di nostra zia e non ci fermeremo mai anche quando giustizia sarà fatta”.

Redazione

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