«Una vittima della mafia, della violenza e della negatività che purtroppo ci portiamo in questa nostra terra disgraziata». Con queste parole inizia la commemorazione per ricordare l’avvocato Enzo Fragalà. Occhi lucidi, candele accese e tanto silenzio tutto intorno. Sono in tanti, tra avvocati, familiari e gente comune quelli che sono accorsi all’appuntamento delle 19.30 in via Nicolò Turrisi, davanti alla targa commemorativa che lo ricorda, lì dove fu brutalmente aggredito il 23 febbraio 2010, morendo tre giorni dopo. Lo celebrano tutti recitando il rosario, assiepati sul marciapiede. «La preghiera è un momento che unisce il cielo e la terra, un modo per essere vicini», dice Giuseppe Cartella, professore e guida di gruppi di preghiera. Tema conduttore della commemorazione è l’accostamento con la figura di Gesù Cristo e col suo sacrificio.
«La barbarie con cui è stato ucciso è speculare a quella subita dal figlio di Dio», dice infatti il professore. Le preghiere sono anche per la nostra città e per gli assassini che aggredirono il penalista. «Preghiamo anche per la nostra anima e per la nostra terra, che si liberi da ogni forma di sopraffazione, legale o illegale che sia – continua – Una preghiera anche per chi lo ha ucciso: che cambino nel loro cuore e spieghino alla magistratura cosa è successo quella sera». Le telecamere della zona immortalarono tre persone che a passo svelto si allontanavano dal luogo dell’agguato: erano Francesco Arcuri, Antonino Siragusa e Salvatore Ingrassia, ma l’impianto accusatorio messo in piedi dai pm Nino Di Matteo, Carlo Lenzi e Maurizio Scalia non era forte abbastanza.
«Preghiamo per tutti gli operatori di giustizia, perché abbiano il coraggio di fare il proprio dovere, come Enzo Fragalà, come Rosario Livatino, come padre Pino Puglisi – conclude il professore – Non ha senso ricordare Enzo senza il desiderio di emularlo ed essere delle persone giuste. Restiamo innamorati della verità». A chiudere la commemorazione è Giuseppe Di Stefano, vice presidente dell’Ordine degli avvocati, visibilmente emozionato: «Enzo è stato per molti di noi un professionista e un maestro di vita – dice subito – Abbiamo deciso di interrompere la seduta dell’ordine per stare vicino a Marzia, a Massimo e a Silvana, perché chi ha ucciso Enzo ha fatto un torto non solo alla famiglia, ma a tutta l’avvocatura palermitana».
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