Omicidio Di Cavolo, individuati i due presunti autori Giustiziato dal clan Laudani perché parlava troppo

Hanno un nome e cognome i presunti autori dell’omicidio di Emanuele Di Cavolo. L’uomo di 33 anni originario di Paternò, trovato senza vita a gennaio dello scorso anno nei pressi di una galleria lungo la strada statale 288, tra i territori di Raddusa e Ramacca. Sin dal primo momento, la pista privilegiata dagli inquirenti era stata quella di un possibile regolamento di conti. Forse all’interno dell’ambiente dei furti e della ricettazione di merce, reati per i quali Di Cavolo era finito nei guai in passato. In realtà, dietro la sua uccisione ci sarebbe l’ombra della mafia, e alcuni rapporti del 33enne con gli affiliati al clan Laudani di Paternò

Dopo quasi due anni di inchiesta, affidata ai carabinieri del comando provinciale etneo, la Direzione distrettuale antimafia di Catania ha notificato due ordinanze di custodia cautelare in carcere a Samuele Cannavò (22 anni) e Antonino Barbagallo (43 anni). Entrambi accusati di concorso in omicidio con l’aggravante di avere agito per rafforzare la cosca di Paternò. La stessa che avrebbe digerito male alcuni comportamenti della vittima, a quanto pare incline a parlare troppo e a mettere in giro voci poco apprezzabili. Secondo gli inquirenti, tutto questo avrebbe fatto scattare la decisione di giustiziarlo. Da non sottovalutare la scelta del luogo del delitto: una strada semidistrutta poco trafficata nei pressi della diga di Ogliastro, lontana dal territorio di origine di vittima e carnefici.

Di Cavolo sarebbe stato raggiunto nei pressi di una galleria abbandonata lunga poco più di 200 metri. All’interno della quale Cannavò e Barbagallo gli avrebbero sparato un colpo di pistola. Subito dopo, il 33enne sarebbe stato preso a colpi di pietra in faccia. Un’azione particolarmente violenta tanto da renderlo quasi irriconoscibile. Poche ore dopo avveniva il ritrovamento del cadavere, lasciato nei pressi dell’ingresso della galleria. Un particolare non è sfuggito agli investigatori. L’arma utilizzata per zittire Di Cavolo sarebbe la stessa già impugnata da Cannavò per una tentata rapina, avvenuta alcune settimane prima dell’omicidio, a un distributore di carburante nel territorio di Paternò.

I due uomini accusati di omicidio si trovano in carcere dal giugno del 2018. Quando sono stati inseriti nella lista degli arrestati dell’operazione antimafia En Plein 2. Sotto scacco proprio i Laudani di Paternò. Con la cosca che sarebbe stata guidata, nonostante la detenzione, dal boss Salvatore Rapisarda e dal suo fedelissimo braccio destro Alessandro Giuseppe Farina. Il luogotenente specializzato nella gestione delle piazze di spaccio, secondo l’accusa era invece il nipote del capomafia Vincenzo Marano.

Dario De Luca

Recent Posts

Palermo, banda di ragazzini aggredisce e picchia quattro giovani e ne manda uno in ospedale

Un gruppo di ragazzini ha inseguito e picchiato quattro giovani tra i 17 e i…

3 ore ago

Robavano dai semirimorchi parcheggiati al porto di Catania, sei persone denunciate

Il personale della squadra di polizia giudiziaria Scalo Marittimo ha denunciato in stato di libertà…

3 ore ago

Parco dell’Anima, a Noto nascerà una banca dei semi antichi: «Sarà la prima al mondo e servirà ad educare»

Uno degli angoli più suggestivi della Sicilia, tra il barocco di Noto e la riserva…

11 ore ago

Incidente stradale ad Augusta, muore un uomo di 32 anni

In un incidente sulla statale 114, nel territorio di Augusta, tra Siracusa e Catania, un…

17 ore ago

Auto vola da un cavalcavia della A18. Due persone rimaste ferite

Un incidente stradale che ha coinvolto un'autovettura Citroen C3, si è verificato poco dopo le…

21 ore ago

Minorenne ha droga, pistola e munizioni, arrestato a Catania

Agenti della Squadra Mobile della Questura di Catania hanno arrestato un minorenne trovato in possesso di 240…

21 ore ago