L’omicidio di Giuseppe Dainotti, trovato morto ai bordi del terrapieno che separa la strada statale 284 dalla recinzione di un parcheggio per camion con autolavaggio annesso, ha registrato un primo fermo, anche se non collegato con il delitto. Al termine di un lungo interrogatorio, condotto dagli agenti di polizia del commissariato di Adrano, nel tardo pomeriggio di martedì, è stato arrestato, con l’accusa di detenzione illegale di armi da fuoco, il 36enne custode dell’attività commerciale. Lo stesso uomo che alle sette di martedì è andato, col proprio furgone, ad avvisare le forze dell’ordine del rinvenimento del cadavere. A seguito di una perquisizione all’interno dei veicolo, gli agenti hanno ritrovato due pistole.
A confermare l’indagine a carico del 36enne è il suo legale. «L’omicidio non c’entra niente – puntualizza l’avvocato Francesco Messina – Gli si contesta solo la detenzione delle armi». Il custode è stato trasferito nel carcere di piazza Lanza, mentre le pistole sono state sottoposte a una prima ispezione, dalla quale sarebbe emerso che non avrebbero esploso alcun colpo. Tuttavia la sostituta procuratrice Martina Bonfiglio, che segue le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo, ha disposto una perizia balistica per accertare che il piombo che ha ucciso Dainotti non provenisse per certo dalle due armi da fuoco.
L’attività investigativa dei poliziotti del commissariato adranita, insieme a quelle della squadra mobile di Catania, intanto prosegue. L’obiettivo è ricostruire la dinamica che ha portato alla morte del 25enne Dainotti, originario della città dell’elefante e residente a Librino, già noto alle forze dell’ordine per alcuni precedenti di polizia. Si cerca, in primis, di capire da quanti colpi sarebbe stato raggiunto il ragazzo. Il primo esame cadaverico parlava di un solo proiettile all’addome, ma sarà l’autopsia a fare chiarezza su questo aspetto. Compito che spetta al medico legale Giuseppe Ragazzi.
Proprio Ragazzi, giunto sul luogo dell’omicidio nella mattinata di martedì, avrebbe accertato che il corpo del giovane era già rigido al momento del ritrovamento. Cosa che porterebbe a fissare l’ora del decesso intorno alle due del mattino. Il cappuccio accanto al cadavere, poi, porta gli investigatori sulla strada del tentato furto. All’interno dell’autolavaggio il self-service era forzato: qualcuno avrebbe provato a trafugare la cassettina contenente le monete necessarie per azionare il lavaggio automatico. Probabilmente il giovane è giunto sul posto con una o più persone, forse per mettere a segno un colpo. Quello che è successo dopo resta avvolto nel mistero.
Le ipotesi sono svariate: una colluttazione tra la vittima e qualcun altro e lo sparo che parte per errore. Oppure un incidente occorso allo stesso Giuseppe Dainotti, magari una caduta con l’arma addosso durante la fuga. Ultima opzione è un conflitto a fuoco, ma non sarebbero stati ritrovati bossoli o armi né nel parcheggio né nei pressi del cadavere. Al vaglio degli inquirenti ci sono le immagini del sistema di videosorveglianza interno ed esterno del lavaggio. Non è da escludere, però, che le telecamere a circuito chiuso dell’attività commerciale non abbiano registrato che riguardasse le fasi della morte del giovane o dell’eventuale tentativo di furto.
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