Oltre cento artisti per salvare Tribeart «Serve pubblicità per restare freepress»

«Se muore Tribeart, uno strumento che ci da voce, moriamo anche noi». Sabato 14 aprile, palazzo Platamone a Catania: a parlare è Enzo Bauso, uno degli oltre cento artisti che ha donato una delle sue opere per sostenere Tribeart, freepress mensile catanese che si occupa di arte. Il freepress rischia di chiudere ma, forse, grazie al supporto degli artisti, riuscirà ad andare avanti. «In tempi di crisi, non saremmo gli unici a chiudere: gli imprenditori che vogliono investire in pubblicità sono sempre meno» dichiara Alessandro Fangano, direttore del periodico fondato sul web nel 1999. Insieme a Vanessa Viscogliosi e a un gran numero di esperti, critici e artisti catanesi porta avanti questo progetto di informazione sull’Arte in Sicilia, che dal 2003 è anche distribuito in versione cartacea, gratuitamente. «La nostra idea è quella di rendere l’arte accessibile a tutti, per questo siamo un freepress» spiega Alessandro. Il 29 marzo la notizia: il numero 93, quello di aprile 2012, sarebbe stato l’ultimo. A poche ore da quell’annuncio sono però arrivati tantissimi attestati di stima e solidarietà, e una proposta: organizzare un’asta di opere d’Arte per finanziare il giornale. L’idea è venuta a Marella Ferrera, stilista ed ex assessore alla Cultura del comune di Catania, e a Daniela Arionte, gallerista e amica dei due fondatori del giornale. E a soli due giorni dall’inizio della mostra, i riscontri sono più che positivi: «Le proposte di acquisto hanno già superato i 5 mila euro» spiega Vanessa Viscogliosi, emozionata per il successo dell’iniziativa, che proseguirà fino al 2 maggio. Le opere in vendita, con una base di 300 euro l’una, saranno esposte nelle sale di palazzo della Cultura, dove le pareti sono già piene. «Eppure le adesioni degli artisti non accennano a diminuire – continua Vanessa – ma per ragioni di spazio, accetteremo le proposte solo fino a domani, mercoledì 18».

«Quando abbiamo avuto la bella notizia di questo evento, ci aspettavano dieci, dodici artisti, e invece c’è stata una tale mobilitiazione. Non so se per altri ci sarebbe stata, per noi è una grandissima soddisfazione», racconta Fangano. Il futuro di Tribeart dipende però solo in parte dall’iniziativa: per andare avanti serve la pubblicità. «Questa iniziativa è una svolta positiva, ma Tribeart è un prodotto costoso, e non vogliamo farlo per piacere: deve essere utile. Per questo chiediamo di supportarci con la pubblicità». Nel futuro di Tribeart non sono previste strategie al risparmio: niente riduzioni di pagine, niente cambi di formati e carta. E sono escluse altre forme di finanziamento, come la vendita in edicola o quelle che Alessandro definisce pubblicamente «recensioni favorevoli su richiesta dello sponsor»: se si deve andare avanti, lo si deve fare sulla strada tracciata in questi anni, da freepress indipendente. Perché altrimenti «sarebbe come tornare indietro, siamo partiti da un A3 stampato in casa e ci siamo evoluti fino al formato attuale», continua Alessandro, per il quale le 16 pagine al mese attuali bastano appena. «Essere un freepress fa parte di quello che è il nostro obiettivo: la gente vede l’arte distante, per questo deve trovarci facilmente e leggerci», spiega Alessandro, che insieme a Vanessa ha fatto del giornale  un punto di riferimento a livello regionale. Un ruolo che gli artisti ammettono senza fatica. Come Vlady, noto street artist che si definisce «Un lettore e un amico di Tribe, per questo ho portato qui una mia opera, perché credo in questa “causa”», o come il giovane Marco Gué, che con il fratello Andrea forma il duo Brevidistanze: «Siamo molto legati a Tribe perché sin dagli esordi ci hanno dato molto spazio. Oggi mi sento sia grato che in dovere di esserci». Complimenti e attestati di stima anche da artisti affermati, come Franco Politano, che ha curato fisicamente l’allestimento delle opere donate, mentre Edo Sciré, responsabile comunicazione della casa di moda di Marella Ferrera e marito della stilista, assente per un precedente impegno, parla della nascita dell’iniziativa. «L’evento è nato poche ore dopo l’arrivo della notizia della chiusura. Perché questo giornale ci ha supportato nell’apertura del museo Biscari, ed era giusto supportarlo».

Sono 8 mila le copie di Tribeart stampate ogni mese, e la maggioranza di queste viene distribuita a Catania, ma non solo. «1200 copie vanno nel ragusano, 1500 a Palermo e un altro migliaio nel resto della regione. Poi ci sono gli abbonati e coloro che lo leggono online, dove il giornale è disponibile da sempre gratis» spiega il direttore Fangano, che ha già pensato a una exit-strategy  online nel caso il giornale fosse costretto a chiuderlo.

«Sul web dovremo cambiare, probabilmente non avremo la possibilità di avere contributi di livello pensati e valorizzati dalla carta stampata, come quelli di Giuseppe Frazzetto o dei tanti altri professori universitari che scrivono per noi. Certamente valorizzeremo le news da tutta Italia, sezione già presente sul cartaceo, ma vogliamo essere siciliani, con un’ottica glocal». Tutto sul web, ma non sarebbe lo stesso.

Leandro Perrotta

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