“Oh oh oh”, “oh oh oh”… Il Babbo Natale dell’angolo emetteva la sua ultima risata, per quella sera; un po’ arrochito e stanco, pescava le caramelle rimaste in fondo al sacco in quel freddo 23 dicembre: le donava ai bambini che gli stavano intorno e ai loro genitori. Andava via anche lui, nello spegnersi delle luci delle vetrine, nello scemare delle voci.

Serge avrebbe aspettato fino alle nove. Sperava di impacchettare ancora qualche libro per quel giorno, per qualche disperato privo di idee venuto fuori dal grande magazzino senza alcuni regali. Aveva venduto poco. Poco, poco, poco. Il suo banchetto era proprio di fronte una gioielleria e non lontano da tutti i più bei negozi della città, eppure lui non vendeva. Era strana la sua città. I suoi concittadini spendevano tanto e in oggetti anche molto costosi, ma non in libri. Possedevano carissime auto, belle e brutte, gioielli vistosi, belli o brutti, abiti firmati, ma non libri. Aveva cercato di assecondare i gusti di una clientela in cerca di esclusività, di oggetti rari e costosi e aveva aperto una libreria antiquaria, appena pochi mesi prima. Ma non era andata.

Era bella la sua libreria: i mobili di mogano glieli aveva ceduti volentieri la nonna, che ormai viveva con i suoi; i quadri appesi alle pareti, invece, erano stati una creazione di Sophie, la sua ragazza, una vera artista. Sul retro aveva sistemato anche alcuni oggetti personali: lo stereo, la sua musica, la macchinetta del caffé per sé e per i clienti che aveva immaginato come un gruppo ristretto di persone, amanti della letteratura, che col tempo avrebbero finito per fare amicizia fra loro.

Ma era andata male. A novembre aveva già chiuso e, solo ora, nella settimana delle feste, aveva posizionato lì, in rue Delabrèè, il suo banchetto. Non gli era andata bene neanche questa. Niente mai, ad Asuchà, andava bene per la gente normale. E lui era uno normale. Ad Asuchà.

Adesso anche Sophie tardava. Che fine aveva fatto? Aveva detto che sarebbe passata a prenderlo alle nove in punto, ma non era ancora lì. Ci sarebbe voluta solo questa per Natale, che Sophie lo piantasse. Piantare uno spiantato… L’idea lo fece finalmente sorridere. Nonostante entro pochi giorni sarebbe dovuto tornare a vivere con i suoi, a risparmiare sulla benzina e le uscite, a cercare per Sophie sempre e solo regalini piccoli piccoli. Ma… Eccola! Arriva veloce sulla sua Renault rossa, sorride e sembra un nastro, sottile, imprevedibile e lucido, di un rosso Natale; spalanca la portiera dell’auto: “dai, spegni tutto, andiamo! Devo dirti una cosa!”

 “Cosa?”

“Sorridi, i tempi bui sono finiti! Ti ho trovato un lavoro da Printemps: cercavano un addetto per il nuovo reparto-libri”.

“Ma … A Parigi?”

“Sì, a Parigi.”

“Bene, sì. A Parigi”.

Melania Schembari

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