Odeon, percorso archeologico e cumuli di rifiuti Grand tour tra scatole di fagioli e bottiglie rotte

«Perché ci sono pezzi di vetro tra le colonne antiche?». A porsi la domanda è un gruppo di turisti che ieri mattina, in occasione delle Giornate Fai di primavera, ha visitato l’Odeon di Catania. Il piccolo teatro, collegato a quello romano con il quale condivide l’accesso da via Vittorio Emanuele 260, è uno dei beni di pregio dell’ex Parco archeologico greco-romano etneo, oggi Museo interdisciplinare regionale di Catania. Ma l’Odeon, un tempo meta dei Grand tour degli studiosi dell’aristocrazia europea ottocentesca, non tiene fede alle aspettative di chi ne ha letto nelle guide archeologiche o nei romanzi dell’epoca. Il percorso archeologico obbligato per un curioso visitatore è più industriale che classico. Tra il tufo, la pietra lavica delle pareti, e lo sterrato dello spiazzo antistante ad archi e architravi, si innesta una stratificazione di spazzatura degna della più innovativa archeologia post-moderna. Bottiglie di birra in frantumi e ancora integre riempiono l’erba incolta e rinsecchita. Insieme a sacchi rotti di materiale edile, barattoli di plastica, cartacce di ogni genere, lattine, bicchieri e bottiglie di plastica, e anche una confezione di panna spray e una scatola di fagioli

Tra le colonne del Teatro greco, lasciate a giacere nell’incuria, ci sono anche borse vecchie e cocci di vetro. Una bambina, che gioca a salire e a scendere dai tronconi di marmo, rischia di caderci sopra. «Questo schifo e questa scena per noi non è una novità», spiega amareggiata la presidente dell’associazione Guide turistiche di Catania Giusy Belfiore. Che, spesso, conduce i turisti all’interno del bene, spingendosi fin dove è possibile. Perché «una parte dell’Odeon è transennata, per via di un edificio pericolante lì accanto», continua l’esperta. E aggiunge: «Certamente c’è qualcosa nella gestione che non funziona. Non di rado, quando guido i turisti – continua Belfiore – molti mi fanno notare la spazzatura che c’è per terra». All’inorridimento dei visitatori «non posso che rispondere improvvisando una bugia. Spesso, infatti, dico loro che è un caso, che sono stati solo molto sfortunati perché solitamente è tutto pulito e in ordine», spiega la guida turistica. 

Secondo Giusy Belfiore il degrado dell’Odeon etneo è simile a quello di altri beni archeologici del capoluogo catanese. Dei quali fa degli esempi. «All’interno dell’anfiteatro di piazza Stesicoro c’è un’incredibile puzza perché una residente della zona è solita lanciarvi del cibo per gatti, che proliferano e sporcano», continua Belfiore. Situazione di incuria anche nelle Terme della Rotonda e in quelle dell’Indirizzo «annunciate spesso da erbacce e pattumiera per i passanti che ci buttano di tutto». Particolare impressione, però, farebbe proprio l’Odeon «soprattutto agli stranieri». Lì, secondo la guida, la pulizia spetterebbe all’ex Parco archeologico greco-romano, l’ente che in passato ha avuto proprio problemi su questo fronte. «La pulizia ordinaria viene fatta ogni giorno mentre quella straordinaria si effettua in casi particolari, ma spesso non ci sono i soldi né per l’una né per l’altra». Due anni fa, ad esempio, i vertici del Parco «per abbattere le spese, hanno attivato un protocollo d’intesa con l’ente regionale Forestale». 

Le soluzioni, per ovviare al problema della sporcizia, l’associazione Guide turistiche le propone da anni. Senza però venire ascoltata. «Bisognerebbe ingaggiare dei vigilantes, installare un circuito di telecamere di sorveglianza e fare le multe a chi sporca l’arte», racconta Belfiore. Ma i fondi a disposizione del Parco sarebbero terminati, e non permetterebbero di proseguire nemmeno i lavori di ristrutturazione dell’Odeon, il cui ultimo intervento archeologico risale allo scorso anno. Il biglietto di accesso al bene è comprensivo anche della visita del Teatro greco e costa sei euro. Nonostante molti turisti lamentino un prezzo eccessivo per la mancata disponibilità di audio-guide, cartelli e insegne più esaustive sui percorsi da seguire. Non certo quelli della spazzatura, che si annunciano da soli al primo colpo d’occhio. Dopo essersi intrattenuti a guardare i panni stesi dagli edifici prospicienti i due resti archeologici, ancora abitati. «Se Catania, in materia di cura dei beni archeologici sta dietro a Siracusa e Taormina, un motivo ci sarà», conclude Giusy Belfiore.

Cassandra Di Giacomo

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