Occupazione lampo della residenza Scuderi La polizia sgombera gli studenti

Non sono passate nemmeno ventiquattro ore dall’ingresso di alcuni studenti nella residenza universitaria “Rosario Toscano Scuderi” di via Carrata 24 – ieri pomeriggio intorno alle 17 – e gli occupanti sono già stati buttati fuori. Appena un’ora fa, infatti, tre volanti della polizia e tre della digos – alla presenza del direttore amministrativo d’Ateneo, Lucio Maggio, e dell’ingegnere responsabile dell’Ufficio tecnico, Mario Cullurà –  hanno fatto incursione nell’edificio e lo hanno sgomberato. Dentro c’erano una decina di studenti. Per cinque di loro è scattata la denuncia.

Centro sociale occupato autogestito Ziqqurat
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 era la scritta che si leggeva su uno striscione apparso ieri pomeriggio sulla facciata della residenza universitariaUna quindicina di studenti, riuniti nel neonato collettivo Aleph, avevano occupato la struttura universitaria con l’intento di «riprendersi uno spazio utile ma chiuso e abbandonato da otto anni», dicono.

«Un atto di riappropriazione, alla faccia degli sprechi fatti dall’Ateneo», spiegano i ragazzi che armati di scope e palette si sono da subito messi all’opera per ripulire l’edificio. Un po’ di umidità alle pareti e tanta polvere, quella del cantiere abbandonato anni fa, quando i lavori di ristrutturazione della residenza erano ormai quasi conclusi. Qualche secchio di pittura e un paio di strumenti di lavoro ancora sparsi per il corridoio non lasciano dubbi. Per il resto la residenza Toscano Scuderi – ribattezzata Ziqqurat dagli occupanti per la forma architettonica – appare interamente rimessa a nuovo. Dagli infissi alle porte interne, senza dimenticare i complementi d’arredo, i servizi igenici e gli impianti elettrici e di riscaldamento. Tavoli, scrivanie, pile di sedie e una serie di armadi nuovi di zecca sono accatastati al centro delle stanze, ancora coperti dal cellofan. Probabilmente per ripararli dagli ultimi interventi di pittura alle pareti. Anche questi conclusi.

Ma l’occupazione non era casuale. Arrivava a seguito della denuncia fatta dai ragazzi del Movimento studentesco, appena qualche settimana fa, sullo stato di abbandono degli alloggi universitari. Ristrutturati ma mai aperti per «problemi di stabilità strutturale», dichiarava Matteo Iannitti durante la conferenza stampa del 13 dicembre scorso. «L’Università ha speso circa sei milioni di euro per realizzare tre residenze universitarie di cui oggi solo una – la residenza Verona di via Oberdan, esattamente di fronte l’edificio occupato – è aperta. E intanto centinaia di studenti assegnatari dovranno rinunciare al posto letto», denunciava il Movimento studentesco.

«Aprire le porte del plesso di via Carrata con un’occupazione per noi significa ritrovare il senso di comunità, basato sugli spazi autogestiti e aperti a tutti», spiegano. «Se l’Università vuole che questo posto resti chiuso, allora lo apriamo noi e ne facciamo un luogo di incontro e aggregazione giovanile». Biblioteca popolare, cineforum, teatro e musica. Sono tante le attività che i ragazzi pensano di organizzare sfruttando lo spazio Ziqqurat.

Ieri sera alle 20 la prima assemblea pubblica organizzata dai promotori dell’occupazione. Circa sessanta persone tra studenti e simpatizzanti dell’iniziativa, tra cui qualche docente. Intanto ai ragazzi del collettivo Aleph arriva la solidarietà da parte degli altri gruppi etnei attivi sul fronte della riappropriazione dei beni pubblici. Tra questi il Cpo Experia, gli artisti del Teatro Coppola, il Gar e il Movimento studentesco. L’assemblea si è sciolta con un piano di lavoro che prevedeva una due giorni di pulizia e organizzazione interna dell’immobile.

Lo sgombero di questo pomeriggio però cambia i programmi dei ragazzi che, in occupazione pacifica, non hanno opposto resistenza alla polizia e hanno lasciato la residenza. Nessuno scontro, quindi. Ma nemmeno l’intenzione di abbandonare l’iniziativa intrapresa. Questa sera alle 19 è prevista un’altra assemblea pubblica, questa volta convocata in strada, proprio davanti all’edificio appena sgomberato.

 

Federica Motta

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