Centinaia di ettari di verde andati in fumo. E questa volta a farne le spese è la riserva naturale del fiume Simeto. È tra i canneti dell’Oasi che trovano riparo decine di specie animali rarissime, alcune anche a rischio d’estinzione, ed è lì che ieri un rogo ha divorato enormi porzioni di terreno. «L’incendio più devastante degli ultimi anni», lo definisce Renato De Pietro, presidente di Legambiente Catania. «Dal villaggio Paradiso degli aranci fino alla vecchia ansa del Simeto era tutto in fiamme. Saranno stati almeno 300 ettari», conferma Gianluca Ferlito, comandante del nucleo operativo provinciale del Corpo forestale, intervenuto insieme ai colleghi per domare il fuoco. L’intervento è ancora in corso, ma le ore peggiori sono state quelle di ieri: tre canadair e un elicottero hanno effettuato, in totale, 175 lanci d’acqua. Migliaia di litri usati per combattere le fiamme, per un costo complessivo che dovrebbe superare i 100mila euro. «L’incendio era doloso», dicono in coro De Pietro e la Forestale.
«Era pericoloso accedere in alcuni punti – continua il presidente di Legambiente – C’erano focolai accesi in quasi tutta la zona della riserva su cui si affaccia il ponte Primosole». E in cui il fiume Simeto si avvicina alla sua foce sulla costa etnea. Ad accertare l’origine dei roghi saranno i rilievi dei prossimi giorni. «I forestali hanno fatto il possibile, ma il fuoco aveva già carbonizzato tutto». Secondo l’attivista, il rogo sarebbe iniziato nella giornata di ieri. E ci sarebbe voluto poco perché si prendesse vigore: «Sono state giornate di forte vento – precisa il presidente di Legambiente – Con il tipo di vegetazione che c’è nell’oasi, inoltre, è ancora più semplice che le fiamme si diffondano. È una caratteristica del canneto essere particolarmente infiammabile». Con conseguenze devastanti sull’intera area protetta.
«C’erano focolai anche a monte. Motivo per il quale dubito che si sia trattato di un incendio, diciamo così, spontaneo». A causarlo, invece, potrebbero essere stati «i residenti della zona, convinti che magari bruciare il canneto avrebbe favorito il deflusso delle acque. Oppure potrebbe essere una ritorsione da parte dei tanti operatori del territorio che non vogliono che quella sia una riserva». Cioè un’area all’interno della quale sono vietate attività come il pascolo o la coltivazione. «Il danno, però, in questo caso non riguarda tanto la flora: in qualche anno il canneto si riforma». Il vero problema sarebbe rappresentato dalla fauna: «Nell’oasi del Simeto la moretta tabaccata, della famiglia delle anatre, ha una delle sue popolazioni più importanti a livello mondiale – aggiunge De Pietro – Senza contare altre anatre, aironi, e passeriformi che vivono nel canneto e che adesso non hanno un posto dove tornare».
Sin dal momento della sua fondazione, nel 1984, a chi spettasse la responsabilità sull’oasi naturale del fiume Simeto non è stato chiaro. A istituire la riserva è stata la Regione Siciliana, e dal 1988 l’ente gestore è stato individuato nella ex provincia di Catania, oggi Città metropolitana. A queste due istituzioni, poi, bisogna sommare il Comune etneo, che dovrebbe elaborare un piano di tutela per l’area di pre-riserva. «Cosa che però non è ancora stata fatta», conclude Renato De Pietro. Nel frattempo, però, la riserva brucia. «Ieri c’erano le condizioni ottimali per appiccare un incendio e rendere l’origine difficile da rintracciare – interviene il comandante Gianluca Ferlito – Con quel vento, una volta che le fiamme scoppiano è quasi impossibile riprenderle». Anche perché le ceneri incandescenti si spostano e accendono nuovi focolai. «Com’è capitato alla zona industriale, sempre ieri – precisa Ferlito – Il fuoco è arrivato vicinissimo alla sede della St, ha lambito una fabbrica di cartoni ed è arrivato fino al centro direzionale della nettezza urbana. Per spegnere tutto ci sono volute due ore. E un dispendio di uomini e mezzi non indifferente».
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