«Le motivazioni? Mi viene da ridere perché è la domanda che ci stiamo ponendo tutti. La proprietà sul piano formale ha addotto come unica quella contenuta nelle lettere di licenziamento, cioè la contrazione delle commesse e quindi della produzione. Ma non regge». È caustico Dario Fazzese, segretario generale Flai Cgil Palermo, che commenta così la consegna delle missive alle 10 lavoratrici della Nutri Mare, ex Compagnia Mercantile, azienda di Trappeto, comune del Palermitano, avvenuta lunedì sera senza preavviso, a detta dei sindacati. L’impresa è specializzata nella lavorazione delle conserve del tonno e dello sgombro, ma a quanto pare gli affari nell’ultimo periodo non andrebbero bene. Almeno a quanto afferma la proprietà: «A noi – ribatte Fazzese – risulta che ci siano ancora commesse, anche se non possiamo averne la certezza. In ogni caso le lavoratrici sono con contratto di lavoro a chiamata, il che implica che quando non c’è produzione (perché questa azienda lavora sempre per periodi segmentati) le lavoratrici non prendono stipendio. La tipologia di contratto lo prevede – spiega il sindacalista – infatti non ci piace molto, ma è di certo quella più conveniente per l’azienda». Ma le puntualizzazioni non finiscono qui: «Il contratto – argomenta ancora Fazzese – scadeva il 31 dicembre 2017, quindi non ci sarebbe stato comunque motivo di licenziarle».
E allora? Cosa c’è alla base dei licenziamenti? Fazzese ribadisce la mancanza di chiarezza da parte dell’azienda: «In realtà ci hanno fornito sempre ragioni diverse – dice – In un altro caso, per esempio, la spiegazione dello stop della produzione, affidata a un cartello affisso al cancello, risiedeva nella chiusura per la riparazione del tetto dello stabilimento. Noi siamo stati lì e non ci è sembrato ci fossero dei lavori in corso. Ancora, sul versante del rilancio dell’azienda ci è stato detto che il proprietario sarebbe stato a Palermo per cercare acquirenti per i nostri prodotti – spiega Fazzese – così almeno è stato comunicato alle lavoratrici e ai carabinieri che lo hanno contattato».
Da martedì, davanti ai cancelli della fabbrica in contrada Valle Fondi, è in corso un picchettaggio: la Flai Cgil, assieme alle lavoratrici, sta impedendo che dalla fabbrica possa essere portata all’esterno la produzione delle conserve dei prodotti ittici, frutto del lavoro di questi mesi. L’incertezza sulle reali motivazioni per cui l’azienda ha deciso di licenziare le dieci dipendenti, infatti, ha lasciato spazio alla preoccupazione: «La mia paura – dice Fazzese – è che dietro questa operazione ci sia la scelta di attuare la delocalizzazione della produzione in altri paesi, come qualche altra azienda ha già fatto. Se si realizzasse questo scenario – dice – non ci si limiterebbe a perdere, ma si dovrebbe dire più sinceramente straperdere».
Come se non bastasse, le dipendenti attendono sei mesi di stipendi arretrati. «Abbiamo sollecitato un incontro all’azienda – dice ancora Fazzese – che peraltro era già previsto perché bisognava discutere dell’eventuale revisione dell’accordo per il rientro della situazione debitoria dell’azienda nei confronti delle lavoratrici. Oltre al piano di rientro delle mensilità – dice ancora – era stato previsto un incontro a fine luglio per verificare lo stato aziendale, valutare se rimodulare l’accordo in positivo o i negativo. C’era grande disponibilità da parte delle lavoratrici che hanno continuato la produzione per senso di responsabilità verso l’azienda per superare l’eventuale fase di difficoltà. Dopo di che, senza alcun tipo di preavviso – e anzi pochi giorni prima era stato comunicato alle Rsa che l’azienda era in salute – lunedì sera abbiamo appreso del licenziamento delle lavoratrici».
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