Non sono un po’ esagerate due canonizzazioni in un colpo solo?

NULLA CONTRO PAPA GIOVANNI XXIII E GIOVANNI PAOLO II, MA PROCLAMARE TROPPI SANTI NON SIGNIFICA, AUTOMATICAMENTE, RENDERE UN BUON SERVIZIO ALLA SANTITA’

La formula solenne di canonizzazione che Papa Francesco, secondo tradizione, ha pronunciato in latino nella cerimonia del 27 aprile, richiama la “Santissima Trinità” e l’autorità di “Nostro Signore Gesù Cristo”. Per tutti coloro che sono stati educati alla fede cristiana, nulla potrebbe essere più impegnativo di queste evocazioni.

La concezione trinitaria non ha soltanto un significato religioso, ma è frutto del travaglio del pensiero umano nello sforzo di concepire un’idea di Divinità che strettamente inerisse alle creature del mondo (il Verbo incarnato) e, oltre le vicende storiche di Gesù e l’insegnamento evangelico, continuasse nel tempo ad orientare le menti degli esseri umani (l’azione dello Spirito Santo). Ricordo, a titolo esemplificativo, non un Padre della Chiesa, ma uno storico della filosofia laico e liberale: Guido De Ruggiero. Si leggano i tre volumi che De Ruggiero ha dedicato a “La filosofia del Cristianesimo”. Chi volesse sottoporsi alla fatica di questa lettura scoprirebbe quante e quali intelligenze si sono confrontate, nell’arco di secoli, con il problema della Trinità.

La formulazione che troviamo fissata nella preghiera recitata come professione di fede, il “Credo”, riprende le decisioni del Concilio ecumenico di Nicea (dell’anno 325 d. C.), puntualizzate, proprio per quanto attiene alla concezione dello Spirito Santo, nel Concilio ecumenico di Costantinopoli (dell’anno 381 d. C.). Naturalmente, il pensiero umano non si arresta dinanzi alle conclusioni di un Concilio. Né si arresta per effetto delle accuse di eresia. Come ricorda De Ruggiero, la parola “eresia”, nel suo significato etimologico, significa ricerca. La ricerca della verità, quando risponda a reali esigenze interiori e sia condotta con onestà intellettuale e seria applicazione negli studi, nobilita l’essere umano: lo porta a non accontentarsi di ciò che suggerisce il conformismo e ad andare oltre quanto comandano le autorità mondane.

Là dove lo Spirito soffia, nessuna concezione tradizionale è al sicuro, e nessun potere mondano può imporre la propria auto-conservazione, se ha mal operato. Va da sé che nulla di positivo e di stabile si costruisce sull’ignoranza, così come la smania di cambiare tanto per cambiare è meramente distruttiva.

La Chiesa Cattolica afferma il valore della santità e proclama la “comunione dei Santi”; ma affinché i santi abbiano davvero valore esemplare e siano d’insegnamento e di guida a quanti restano ad operare nel mondo, è opportuno che le canonizzazioni di nuovi santi siano eventi straordinari. Tanto più preziosi e significativi, quanto più rari.

Sono stati proclamati santi dei veri e propri giganti del pensiero, come Agostino d’Ippona (nel calendario dei Santi, celebrato il 28 agosto), o Tommaso d’Aquino (28 gennaio); ma prima ancora anche l’evangelista Giovanni (27 dicembre), a prescindere dall’incertezza sulla sua identità storica, fu sicuramente un pensatore di straordinaria levatura. Sono stati proclamati santi dei mistici, come Antonio abate (17 gennaio), uno dei soggetti preferiti della pittura di orientamento sacro per il tema delle tentazioni. Sono stati proclamati santi i fondatori di importanti ordini religiosi, i quali poi hanno lasciato una rilevante impronta nel corso storico. Penso a Benedetto da Norcia (11 luglio), a Domenico di Guzman (8 agosto), o a Francesco d’Assisi (4 ottobre). Per fermarci ad un periodo precedente la Riforma protestante.

Sembra che oggi si indulga troppo a quella che gli osservatori malevoli chiamano la fabbrica dei santi. La moneta inflazionata si svaluta; potrà apparire improprio il richiamo a questa regola economica, ma proclamare troppi santi non significa rendere un buon servizio alla causa stessa della santità.

C’è poi qualcosa di stridente nel fatto che un Papa proclami santi altri Papi suoi predecessori; pensando male, si potrebbe interpretare questa scelta come espressione dell’aspettativa che, in prosieguo di tempo, altri Papi si comportino nello stesso modo con lui.

Prima di Giovanni XXIII (Roncalli) e di Giovanni Paolo II (Wojtyla) l’ultimo Papa proclamato santo era stato Pio X (Sarto), nel 1954. Tuttavia, nel 2000 è stato proclamato beato Pio IX (Mastai Ferretti) e qui siamo quasi ad una provocazione nei confronti dell’opinione pubblica di sentimenti liberali e democratici: può essere santo chi ha sollecitato un intervento armato contro l’Italia per ripristinare lo Stato Pontificio? Si ricordi cosa avvenne in Francia nel 1877: l’Assemblea Nazionale fu chiamata a discutere un appello del Papa Pio IX che aveva chiesto a tutti i governanti dei Paesi cattolici “risoluzioni efficaci” per liberare la Santa Sede. Il Governo francese, presieduto dal repubblicano Jules Simon, chiese che l’Assemblea Nazionale non desse seguito alla richiesta del Pontefice. Allora il Presidente della Repubblica, Mac-Mahon, nel maggio del 1877, sciolse il Parlamento ed indisse nuove elezioni. La Francia repubblicana respinse massicciamente con il voto quello che si era delineato come un vero e proprio tentativo di dare un indirizzo autoritario, oltre che confessionale, alla politica francese.

Nel 2009 è stato proclamato “venerabile” Papa Pio XII (Pacelli). Anche qui il processo di santificazione contrasta con critiche in sede di giudizio storico dei comportamenti di quel Pontefice. Il quale non fu né complice, né succube, del nazismo e del fascismo, ma certamente non combattè apertamente quei movimenti politici che erano radicalmente anti-cristiani nella loro impostazione.

La verità è che il Papa, il quale dovrebbe essere fondamentalmente un’autorità spirituale, esercita un ruolo che è anche politico e diplomatico nei rapporti fra le potenze di questo mondo. La smania di fare santo Papa Wojtyla – “santo subito!” si gridava nelle piazze già all’annuncio della sua morte – ha qualcosa a che vedere con la caduta del muro di Berlino, la dissoluzione dell’Unione Sovietica, ossia la storica sconfitta del comunismo realizzato? Se così è, siamo su un piano completamente diverso diverso rispetto a quello su cui si dovrebbe basare un giudizio di santità.

L’invocazione “santo subito!” ci porta al nucleo della questione: il ruolo sociale delle religioni e l’autorità dei Capi religiosi si sono venuti trasformando per effetto della diffusione sempre più pervasiva dei mezzi di comunicazione di massa. In un pianeta reso piccolo dalla globalizzazione e dall’interconnessione degli strumenti di informazione, l’Autorità religiosa di riferimento viene avvertita come sempre più vicina e familiare. Naturale, quindi, pensare di coinvolgerla nella soluzione dei problemi pratici dell’esistenza; naturale affidarle un improprio ruolo di riscatto economico-sociale e finanche politico.

Papa Benedetto XVI ha cercato di mettere in discussione, sul piano teorico, la mentalità dominante del mondo moderno. Ha affrontato la gigantesca questione del relativismo dei valori; ossia la tendenza di ciascuno a fabbricarsi una propria morale su misura dei propri gusti. Per questo è stato avvertito come antipatico ed autoritario, quando invece è un’ottima persona ed ha dimostrato la propria integrità con la scelta coraggiosa delle dimissioni.

Papa Francesco risulta simpatico ed è popolarissimo perché “liscia il pelo alla piazza”; ossia dice le cose che la gente ama ascoltare.

Da semplice osservatore esterno, penso che un’Autorità morale abbia il compito di guidare, di indirizzare, di dire anche parole severe quando sia il caso. Inseguendo le grida “santo subito!”, temo che non si andrà molto lontano.

 

 

 

Livio Ghersi

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