“Non mi dimetto da catanese”

“La Sicilia” continua ad ospitare opinioni sul dopo-Report. Quella di venerdì è di Pietro Barcellona, che comincia il suo intervento esortandoci a porci delle domande, e in effetti dopo aver letto ciò che scrive, mi viene da pormi parecchie domande.

Mi chiedo: ma di quale insinuazione e sospetto parla Barcellona? Può dire che Report abbia detto cose vere ed ammettere di esserne “da tempo” a conoscenza e, nello stesso momento, affermare che l’inchiesta di Raitre sia “un colpo di lupara nel mucchio che lascia solo morti, feriti e spinge alla fuga”? Vuole, per caso, insinuare che la colpa della perdita della speranza dei catanesi sia di Report e non degli sporchi giochi di chi ci governa e di tutte le cose vere che Report ha mostrato?

Il fatto che molte delle vicende documentate da Report si trascinino dagli anni ’70, cosa dovrebbe apportare di buono al concetto che Catania è “una frontiera di lotta nazionale”? Se non è cambiato nulla, forse questa lotta è stata fatta nel modo sbagliato o non è ancora abbastanza.

E che non è solo Catania “ad essere inquinata da una collusione perversa tra mafia, servizi segreti e poteri occulti” e che “scandali, collusioni e misfatti ci sono dappertutto” , ci dovrebbe forse consolare e avrebbe dovuto esonerare i giornalisti di Report dal fare il loro mestiere?

Va bene, all’occasione, a quanto pare, possiamo diventare tutti critici del montaggio ed esperti di messaggi artatamente costruiti, ma questo toglie qualcosa alla verità delle immagini di degrado mostrate da Report? A Catania non c’è l’immondizia nelle strade e nelle “case” della gente? Quei posti a Librino non esistono? Quelle immagini della festa di S. Agata sono state per caso girate a Cinecittà? Quel vigile non stava davvero fumando e parlando al cellulare mentre era in servizio e mentre i catanesi infrangevano le regole come fosse normale? È normale perché avviene da sempre e sempre, e quindi è giusto? Mi viene il sospetto che stiamo confondendo un po’ troppo questi concetti ultimamente, in questo caso, sì, falsificando la realtà e volendo manovrare il pensiero di chi legge ed è talmente assuefatto a questi giochetti che ha ormai lo spirito critico sotto le scarpe e la rassegnazione come religione.

E cosa vuol dire che Catania non è solo questo, ma abbiamo tante cose belle e ci sono catanesi onesti? Grazie, quando il sindaco e altri ci rivelano questa sconvolgente notizia, ci dovremmo forse rendere conto che allora le cose dette a Report non sono poi così terribili? E perché Report, come ho sentito dire da qualche parte, avrebbe dovuto riportare pure i lati belli di Catania? Non era un servizio di Geo&Geo su usi e costumi e le bellezze della città per attirare i turisti, era un’inchiesta giornalistica che “portava alla scoperta delle responsabilità e aiutava i lettori a farsi un’idea dei gruppi di interesse”, checché ne dica Pietro Barcellona.

E poi ancora con questa storia che ora noi giovani ce ne vogliamo andare perché Report ci ha fatto vergognare! Report?! Non è Report che ci fa vergognare e non credo neanche che ci abbia fatto venire voglia di scappare… a me ha fatto venire voglia di continuare ad impegnarmi a lottare e di essere una catanese migliore, attiva, sveglia, responsabile e con nessuna voglia di permettere a chi affossa la mia città nel degrado di riderci su e fare il simpatico, o di ascoltare senza riflettere chi vuole far diventare opinioni i fatti.

Ho pensato “che bello, adesso anche i catanesi più distratti sono a conoscenza di alcune vicende vergognose che incidono sulla qualità della nostra vita e, disgustati, forse avranno voglia di cominciare a darsi da fare per Catania e loro stessi”. Ho pensato: “Perché queste cose non ce le urlano – ma dovrei ahimè dire urla – i quotidiani di Catania?” E per rimanere su Barcellona che dà indicazioni ai giornalisti su cosa debbano fare, dicendo loro addirittura di cosa si debbano occupare, io da semplice cittadina catanese che non vuole più vergognarsi, dico che vorrei facessero il loro mestiere e mostrassero ciò che deve essere cambiato, anche se esiste “da tempo”, perché “Un giornalismo – come diceva Fava – fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo.” E a Catania serve tutto questo.

Agata Pasqualino

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