«Non comportatevi come se il virus non potesse colpirvi» L’infermiera di Villabate che cura il Covid-19 a New York

Mascherina medica, grossi occhiali protettivi per gli occhi, un’ulteriore visiera trasparente di plastica a proteggerle il viso. E sotto una tuta apposita che la copre fino ai piedi. «Questa sono io, a lavoro», scrive Rosalia Pernice nel post a corredo della foto che ha pubblicato sul suo profilo Facebook. Originaria di Villabate, oggi lavora come infermiera all’ospedale Maimonides Medical Center di Brooklyn, a New York, dove insieme ai colleghi cerca di fronteggiare l’emergenza Coronavirus in cui il mondo intero è piombato in questi mesi. «Il mio paziente – racconta – è più giovane di me, positivo al Covid-19, anamnesi remota negativa. È intubato, sedato e paralizzato, è appeso ad un milione di flebo per mantenere la pressione sanguigna, sta ricevendo ogni possibile elettrolita sulla faccia della terra perché ogni singolo esame del sangue, che eseguiamo ogni 4 ore, è costantemente un disastro».

«È attaccato ad un ventilatore con pressioni altissime, riceve antibiotici e farmaci sperimentali, in un letto di una stanza senza pressione negativa (le abbiamo terminate tutte) in cui la porta rimane semi aperta perché il tubo delle flebo deve raggiungere l’esterno della stanza per permettermi di lavorare sulle pompe – continua -. Come ogni altro paziente Covid-19 +, il suo corpo è in shock settico e stiamo letteralmente cercando di tenerlo in vita facendo ciò che il suo corpo dovrebbe fare per lui. Riutilizzando le nostre maschere, ovviamente». È una testimonianza molto forte, la sua, che decide di condividere senza filtri o edulcorazioni di sorta perché il suo monito arrivi forte e chiaro. Dagli Usa fino alla sua Villabate, dove molti concittadini hanno accolto le sue parole come un prezioso esempio a cui ispirarsi. «Io e i miei colleghi non siamo addestrati per lavorare con gli adulti in Terapia intensiva, siamo infermieri e medici di Terapia Intensiva Pediatrica, ma stiamo aiutando, perché è ciò che facciamo meglio», torna a scrivere Rosalia.

«Ci buttiamo a capofitto quando ce n’è di bisogno, senza pensarci due volte. Perché il mio paziente potrebbe essere mia sorella, la mia migliore amica, il mio paziente è importante per qualcuno, là fuori. Oggi non sono un’eroina, non lo ero nemmeno prima della pandemia. Io e i miei colleghi amiamo ciò che facciamo e stiamo rischiando e saremo sempre disposti a rischiare la nostra vita per salvare quella dei nostri pazienti. È sempre stato così. Se volete davvero dimostrare tutta la vostra riconoscenza – dice -, per favore state a casa e smettete di prenderci in giro quando cerchiamo di darvi dei consigli, di fare educazione sanitaria, dicendo che stiamo esagerando. Smettetela di comportarvi come se il virus non potrebbe mai colpire voi. Lo farà. E la cosa più ironica è che quando avrete bisogno d’aiuto, noi saremo gli stronzi che rischieranno la loro vita per la vostra».

In questo momento, New York è tra le città più colpite degli Stati Uniti dall’emergenza Covid, con circa 5mila morti, tra cui anche bambini piccolissimi. Una situazione piuttosto drammatica, che ha spinto Rosalia Pernice, sfruttando tutto ciò che sa grazie anche al mestiere che svolge, a utilizzare i social per veicolare messaggi utili alla prevenzione del contagio. «Sto provando a usare i media in maniera costruttiva – dice lei stessa in uno dei suoi video -, mettendo da parte giudizi, critiche, disinformazione, ignoranza, la troppa informazione, l’ingiustizia e tutto quello che sta venendo a galla sul web e che mi sta dispiacendo». Il suo primo consiglio è in relazione alla potenziale trasmissione del virus per contatto: «Credo sia l’aspetto più sottovalutato – spiega -, quello che la gente pensa di avere più sotto controllo. Mi accorgo invece che ci sono molti errori che si possono evitare semplicemente avendo un po’ più di attenzione a qualche dettaglio della catena antisettica».

Per esempio, chiarisce come lavarsi le mani, anche più volte e approfonditamente, non serva a nulla se un attimo dopo prendiamo in mano ad esempio il nostro cellulare, che è «una delle cose più sporche che ci portiamo dietro, lo poggiamo ovunque, non lo teniamo mai in borsa, lo teniamo sempre a vista, anche quando andiamo in un bagno. Oggetti come questo sono vettori per il contagio di qualcun altro». Ma non c’è solo il cellulare. Sono tantissimi altri gli oggetti, piccoli o grandi, di uso quotidiano che sottovalutiamo in tema di prevenzione e accortezza contro il virus. «I suggerimenti che do sono quelli che io applico personalmente, ovviamente io ho ricevuto un training particolare -spiega ancora -, sono un’infermiera qui a New York nel reparto di Terapia Intensiva pediatrica e neonatale, quindi noi dobbiamo per forza prendere delle misure di prevenzione un po’ più sofisticate per proteggere i più piccoli e i più deboli, questo non vuol dire che devo tenerle segrete, specie se possono essere utili a tutti soprattutto adesso».

Un metodo semplice e veloce potrebbe essere quello di utilizzare delle pratiche salviette monouso per disinfettare gli oggetti che non possiamo fare a meno di toccare o di poggiare dappertutto, proprio come il telefonino. «Sono piccole salviette imbevute di alcool o le comuni salviette imbevute di soluzione antisettica. Se non ne avete a disposizione, c’è una semplice soluzione: la zip lock, bustine di plastica chiuse ermeticamente sulle quali funziona il touch sul telefono, la bustina è lavabile e non c’è il rischio che l’acqua possa penetrare e danneggiare qualcosa – spiega Rosalia -. Un appunto anche su altri oggetti che di solito abbiamo con noi quando usciamo: chiavi di casa e di macchina, accendino, sigarette, cose di questo genere: quando vi controllate le tasche o le borse fate attenzione a quali oggetti toccate e su quali superfici in genere li poggiate, siate più accorti, non dico di pulire ossessivamente tutto, ma magari appena rientrati a casa svuotate tasche e borsa e disinfettate questi oggetti. E a proposito delle borse – suggerisce infine -, ci sono zone del mio reparto in cui sono proprio vietate: quando ho bisogno di portarne una con me la metto in un sacchetto di plastica, che si può lavare o gettare con altre cose di plastica». Consigli tanto pratici ed economici, quanto efficaci e preziosi, e validi per qualunque luogo del mondo.

Silvia Buffa

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