No Muos, Niscemi guarda alla Val di Susa Al presidio arrivano i militanti di Askatasuna

Si sono annusati, osservati con simpatia da migliaia di chilometri di distanza, si sono incontrati in modo fino ad ora occasionale. Da una parte, in una valle alpina del Piemonte, l’ormai più che decennale movimento No Tav, diventato l’avanguardia del variegato universo degli autonomi di tutta Italia che ha saldato le sue battaglie ideologiche con le concrete rivendicazioni dei residenti della valle. A Niscemi, nel cuore della Sicilia, gli attivisti No Muos che si battono contro il sistema militare di antenne satellitari statunitense. Nelle ultime settimane, dopo l’arrivo della gru alla base americana e le cariche delle forze dell’ordine sugli attivisti, i contatti si sono fatti più frequenti.

Da Torino, dal centro sociale Askatasuna, uno dei protagonisti principali della resistenza in Val di Susa, è partita la richiesta di un nuovo incontro con i No Muos. A fare da mediatori «i compagni» di Palermo. Il confronto avverrà sabato, quando alcuni membri di Askatasuna presenteranno al presidio permanente di contrada Ulmo a Niscemi il libro A sara düra, una raccolta di storie di vita e di militanza No Tav. «Ce l’hanno proposto e siamo stati contentissimi di accettare – spiega Fabio D’Alessandro, attivista del comitato di Niscemi – la loro esperienza è affine alla nostra, ne condividiamo la battaglia politica, i metodi di lotta ci differenziano». L’interesse è reciproco. «Il movimento No Tav – racconta Gianluca, uno dei membri di Askatasuna che sarà a Niscemi e che ieri ha presentato il libro al monastero dei Benedettini di Catania – riconosce come suoi alleati naturali tutte le lotte che si pongono a difesa dei territori e dei beni comuni, soprattutto se, come nel caso dei No Muos, sono in opposizione a logiche di guerra. Ci sentiamo affratellati e alleati di queste battaglie». Ma non è solo una questione di vicinanza ideologica. I vantaggi di un’alleanza tra Nord e Sud sono anche concreti. «Il rischio per il movimento No Tav è l’isolamento – analizza Gianluca – se non emergono altri livelli di lotta continuativi, nuove rigidità in giro per il Paese, la controparte continuerà a concentrarsi in Val di Susa».

La controparte è lo Stato, le forze dell’ordine arroccate in difesa del cantiere dell’alta velocità. Una presenza sempre più massiccia. «A Natale il questore di Torino si è scusato pubblicamente per la riduzione di organico in città – racconta l’attivista – giustificandosi con il fatto che l’80 per cento del personale è concentrato in Val di Susa». I No Tav si guardano in giro, cercano alleanze, anche a Niscemi. Esiste la volontà di costruire un percorso comune e la notte della gru ha segnato probabilmente uno spartiacque importante, perché, afferma Gianluca, è emersa «la capacità di mettersi di mezzo». «Non è un caso che il movimento si sia conquistato una certa riconoscibilità e legittimità e se ne parla di più – precisa – quando hanno provato a mettersi di mezzo fisicamente. Quando prendi le botte si parla da te. Non è un appello al martirio, ma bisogna capire che solo così si crea un disturbo effettivo e se ne ha un ritorno».

In Valsusa l’opposizione al Tav usa metodi che vanno oltre la resistenza passiva. Il centro sociale Askatasuna, insieme ad altri soggetti del movimento, è stato colpito nell’ultimo anno da diversi arresti a seguito dell’inchiesta della procura di Torino guidata da Gian Carlo Caselli sugli scontri, definiti dal giudice «una vera e propria guerriglia», che si sono verificati il 27 giugno e il 3 luglio del 2011 a Chiomonte. Tra le forze dell’ordine ci furono 220 feriti e qualche mese dopo scattarono 26 arresti, tra cui tre membri del centro sociale torinese. Tutti accusati a vario titolo di violenza privata, lesioni, danneggiamento e resistenza aggravata in concorso. «Un’operazione chirurgica contro gli autori delle violenze», per il procuratore Caselli. Un tentativo di criminalizzare tutto il movimento per gli attivisti No Tav che diffusero un dossier di controinformazione e un video che testimonia le violenze di alcuni poliziotti.

Il movimento No Muos ha scelto finora una strada diversa, prova ne sono le recenti e numerose manifestazioni colorate e pacifiche. Esiste tra gli attivisti un’ala considerata più estremista, con idee più radicali, da alcuni identificata proprio nel comitato di Niscemi, che tuttavia ha sempre respinto ogni forma di violenza. «Siamo eterogenei, sfuggiamo alle categorie – spiega D’Alessandro – ma non ci sono rappresentanti di formazioni politiche. Ospitando Askatasuna vogliamo lanciare l’idea che tutte le strade vanno battute: da quelle istituzionali, al blocco dei camion militari, al confronto con altri movimenti. Non credo comunque che le ricette e il modello di Askatasuna siano riproponibili qui, sia per la diversità del territorio sia per i soggetti di cui si compone il movimento No Muos». Proprio ieri la commissione regionale Ambiente si è riunita a Niscemi alla presenza dei comitati e dell’assessore competente Mariella Lo Bello, che si è impegnata a dare mandato ai legali della Regione di capire perché «sono stati disattesi i provvedimenti per la sospensione dei lavori del Muos».

Ben altra musica rispetto alla Val di Susa, dove le istituzioni si vedono poco, i politici hanno smesso di cercare consensi e Grillo ha scalzato i partiti di matrice comunista in cima ai consensi. «Non si impegnano più, danno questo territorio ormai per perso», precisa Gianluca. Ecco che le differenze ritornano. Come aiutare i No Muos? «È difficile dirlo. Semplicemente esistendo, queste lotte si danno la mano. Poi ci sono percorsi da costruire, processi da verificare. Noi – sottolinea – diciamo esplicitamente per cosa ci battiamo e cosa riteniamo legittimo fare in certi contesti». Secondo l’attivista No Tav «la madre di tutte le preoccupazioni per la controparte è che strati di popolazione più estesa siano disponibili ad andare un po’ più in là della soglia del legale, del consentito, perché altrimenti non funziona. Hanno paura che soggetti come noi possano trovare una capacità di comunicazione e costruzione insieme a quelle che vengono definite persone normali. È questo che li terrorizza e per cui cercano la criminalizzazione del movimento. Se il No Muos saprà durare e costruire unità nelle sue differenze, penso che sarà un alleato naturale ed organico dei No Tav. Ma bisogna resistere un minuto in più di loro».

[Foto di No Muos]

Salvo Catalano

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