Due bare con all’interno dei moribondi, destinati però a spirare presto per l’impossibilità di ricevere cure adeguate. È la scena che si è presentata stamani agli occhi di passava davanti alla sede dell’Azienda sanitaria provinciale di Caltanissetta. Protagonisti della protesta due cittadini di Niscemi, Giuseppe Maida e Rosario Ristagno, che hanno deciso di interpretare quello che secondo loro sarà il futuro del piccolo Comune nisseno se la riorganizzazione della rete ospedaliera regionale porterà – come ventilato nelle scorse settimane – alla chiusura del pronto soccorso dell’ospedale Suor Cecilia Basarocco.
Maida – già impegnato a Niscemi contro il Muos, e proprio ieri ammesso tra le parti civili del processo iniziato nel Tribunale di Caltagirone – e Ristagno hanno affisso alcuni manifesti con su scritto «Chi ha pensato di fare chiudere il nostro pronto soccorso sara’ forse una mente pazza, criminale o incosciente», sostenendo che la chiusura del pronto soccorso dovrà coincidere con la creazione di una «fossa comune» per l’aumento spropositato del numero di decessi. Al di là degli scenari apocalittici, le difficoltà per gli abitanti di Niscemi – i quali nel prossimo futuro potrebbero trovarsi costretti a recarsi a Gela per usufruire del pronto soccorso – sono emerse già nei mesi scorsi.
In due casi, infatti, la sanità locale è stata additata di non essere capace di assistere i cittadini. La prima volta, quando una giovane donna è stata costretta a partorire in auto, per l’impossibilità di arrivare in tempo a Gela e questo in seguito alla chiusura del punto nascite avvenuta nel 2012. Il secondo episodio, invece, è stato più tragico e ha visto la morte di un ambulante 74enne, deceduto a causa di un infarto e per i ritardi nell’invio dell’ambulanza da parte dell’ospedale. A protestare contro i tagli alla sanità è anche il sindaco di Francesco La Rosa, che da giorni porta avanti uno sciopero della fame, presidiando l’ingresso del Suor Cecilia Basarocco.
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