Niscemi, il Comune smantella il presidio No Muos Movimento isolato e colpito da indagini e processi

Il presidio permanente No Muos non c’è più. Lunedì i quattro gazebo, che ne costituivano la struttura principale, sono stati smantellati dagli operai del Comune di Niscemi, sotto l’occhio attento dei vigili urbani e della Digos. Era stato lo stesso ente pubblico a donarli agli attivisti, ormai tre anni fa. Adesso i gazebo non possono più rimanere lì, sul terreno privato che si trova a poche centinaia di metri dall’ingresso della base Usa dove sorgono le parabole, perché serviranno per la Giornata dell’arte di dopodomani. 

https://www.youtube.com/watch?v=-8xt1Tn0EG8
(Com’era il presidio poco dopo la sua realizzazione, 22 novembre 2013)

L’intervento del Comune ha colto di sorpresa gli attivisti che denunciano di non essere stati nemmeno avvisati. «Quei gazebo – racconta Fabio D’Alessandro, del locale comitato No Muos – formavano la cucina del presidio ma erano molto di più. Dentro quelle strutture sono nati amori, cospirazioni, socialità, incontri e scontri. Dentro quegli stand – appena sufficienti per riparare centinaia di corpi dal gelido vento invernale, durante le notti di vedetta in attesa del passaggio delle gru, delle cisterne di gasolio e dei marines americani – ho visto passare più politica e più democrazia di qualunque seduta assembleare nelle aule del consiglio comunale».

Il sindaco Francesco La Rosa rimanda al mittente la critica. «Il Comune li ha donati e il Comune li ha ripresi per sottrarli ai raid vandalici di cui erano stati oggetto negli ultimi mesi – replica -. Se dovessero ancora servire ai No Muos, siamo pronti a rimontarli. Ma è stato fatto un sopralluogo e mi risulta che non non venivano più usati». Il presidio, negli ultimi mesi, è sì meno frequentato, ma resta la base dove gli attivisti si incontrano per confrontarsi. È successo anche domenica scorsa, quando si è svolta un’assemblea per discutere degli avvisi di garanzia e dei rinvii a giudizio ricevuti nelle ultime settimane da chi si è battuto contro il Muos. 

A fine agosto sono stati in 129 – accusati, a vario titolo, di violenze e minacce a pubblico ufficiale, invasione della base e taglio della recinzione – a ricevere l’avviso di conclusione delle indagini. Pochi giorni dopo altre 50 persone sono state rinviate a giudizio per un picnic dentro l’area militare e altri 17 per aver bloccato una cisterna di gasolio. A inizio 2017 inizieranno i primi processi a carico degli attivisti. È un lento stillicidio che colpisce le tasche e il morale del movimento. Fiaccato naturalmente anche dalla sconfitta, almeno al momento, più importante: il dissequestro del Muos ordinato dal Tribunale del Riesame di Catania.

Ad accentuare la sensazione di isolamento contribuisce anche il silenzio della città di Niscemi. «Domenica all’assemblea – racconta D’Alessandro – ci siamo raccontati il silenzio della politica sulle decine di niscemesi indagati per la questione No Muos. Non ci aspettavamo certo parole di solidarietà dal Comune ma nemmeno potevamo presagire una tale azione devastatrice». «Non entro nel merito delle indagini – risponde il sindaco – ho detto che avrei percorso tutte le vie legali per difendere il mio territorio. Poi ognuno, in base al ruolo che ricopre, percorre le sue iniziative».

Dagli attivisti arriva un aut aut: «Il Comune – prende ufficialmente posizione il comitato di Niscemi – faccia una scelta di campo, gli amministratori locali, e noi ci adegueremo. Abbiamo già contro il governo Usa, il governo italiano, la Regione Siciliana – il Comune di Niscemi sarebbe solo l’ultimo dei nostri avversari. Altrimenti chiedano scusa e rimettano a posto il presidio, luogo di socialità e di lotta che abbiamo sempre vissuto come tale senza il benchè minimo supporto che non fosse quello delle nostre braccia e dei nostri sforzi».

Salvo Catalano

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