Il magistrato Antonino Di Matteo approda alla Direzione nazionale antimafia. All’unanimità il plenum del Csm ha assegnato a lui uno dei cinque posti da sostituto messi a concorso alla superprocura guidata da Franco Roberti. L’addio dopo 18 anni di servizio come pubblico ministero a Palermo sarà operativo tra due mesi ma non sancisce l’abbandono del suo ruolo all’interno del processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia, come richiesto espressamente dal procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi.
È arrivato infatti il benestare di Roberti e Di Matteo potrà quindi restare pm nel procedimento. Solo due anni fa il plenum bocciò la candidatura di Di Matteo a un altro concorso per la Procura nazionale antimafia, preferendogli tre colleghi. Una scelta vissuta male dal pm, che ha parlato di «ingiusta mortificazione», che presentò ricorso al Tar del Lazio. Questa volta al magistrato palermitano sono stati riconosciuti 15 punti, il massimo, per le «ottime qualità professionali» e il «solido e vasto bagaglio di esperienza» maturato in materia di criminalità organizzata e in particolare nella gestione dei collaboratori di giustizia (da Giovanni Brusca a Salvatore Cancemi).
Un giudizio basato anche sui pareri resi dai suoi superiori, che attestano oltre alle «capacità di coordinamento e impulso investigativo, l’impareggiabile tenacia e l’ineguagliabile spirito di sacrificio». Doti ancora più apprezzabili – come evidenzia la delibera approvata, che ha come relatrice la laica di Forza Italia Elisabetta Casellati, presidente della Terza Commissione – tenuto conto dei «pericoli, anche per la sua personale incolumità, incontrati nella gestione di complessi e delicati procedimenti” e che “hanno imposto la predisposizione di un eccezionale apparato di sicurezza». Gli altri quattro posti messi a concorso alla Procura di via Giulia sono stati assegnati, sempre all’unanimità, ai sostituti romani Francesco Polino, Barbara Sargenti e Maria Cristina Palaia e al pm napoletano Michele Del Prete.
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