New York New York/ Morire per conto d’altri

Ancora una volta in Italia, in un momento di forti tensioni sociali e alla vigilia di “scosse” politiche, scoppia la bomba. E ancora un volta spunta la mafia, anche se in Puglia la chiamano con quell’altosonante Sacra Corona Unita.

La Repubblica d’Italia era appena nata quando ebbe la sua prima strage al “posto giusto nel momento giusto”. Avvenne in Sicilia, il primo Maggio del 1947 a Portella della Ginestre, subito dopo che il Fronte Popolare a sorpresa aveva vinto le elezioni regionali, le prime che si svolgevano nell’Italia del dopoguerra. Allora fu accusato Salvatore Guliano, anche se non si capisce perché il “bandito” di Montelepre andasse a sparare contro quei contadini che lo avevano protetto nella latitanza. Lo mandó la mafia? Si disse che Giuliano sparó alto ma altri puntarono ad altezza d’uomo, anzi di “picciriddu”. Ma chi? I banditi o i mafiosi? O altri ancora? Già, la mafia…

Altre bombe sono scoppiate nelle piazze, nelle banche, nei treni, nelle stazioni, negli aerei e nei musei d’Italia. E già altri bambini sono morti. Ma mettere una bomba davanti ad una scuola che ammazza una ragazza e poteva essere una strage? Non era mai successo, dicono.

Si deve aspettare che le indagini facciano il loro corso. Allora aspetta e spera per la verità?

“Quali sono state le ragioni dell’attentato – ha detto a caldo il Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso – si vedrà in seguito e solo le indagini potranno chiarire se è un crimine di stampo mafioso, o che mira a destabilizzare o a conservare la situazione esistente”. Destabilizzare o a conservare la situazione esistente. Che vuole dire Grasso?

Questo giornale oggi pubblica una intervista con il magistrato che si è fatto le ossa lavorando a fianco di Giovanni Falcone. Grasso ce l’ha concessa mercoledí al Palazzo di Vetro dell’Onu. Già nell’ottobre del 2009 il Procuratore nazionale antimafia ci aveva rilasciato una intervista, qui a New York, che titolammo “La mafia per conto d’altri”. É anche questa in Puglia “mafia per conto d’altri?”

Questa volta Grasso ci è sembrato più prudente, almeno rispetto alle dichiarazioni di tre anni fa. Ricordate? Il capo dell’Antimafia in Italia ci dichiarava che la verità sulla morte di Falcone era da ricercare su tre moventi complessi: “Il primo è per quello che aveva fatto. Il secondo per quello che poteva fare. E poi per l’effetto destabilizzante che non era proprio l’interesse di ‘cosa nostra’ ma di qualche altra entità”.

Un altra entità? E qual è? La stessa che prese la mira a Portella? O che indicò dove mettere le bombe a Capaci e via D’Amelio o in via dei Gergofili a Firenze? Grasso non diceva di più tre anni fa e oggi dice ancora meno.

Eppure noi vorremmo capire meglio perché in Italia, Paese che manda il suo premier “tecnico” Monti al G8 con Obama e Hollande, ancora oggi si può morire davanti una scuola come se fossimo in Siria o in Afghanistan.

“Morvillo Falcone” si chiama la scuola di Brindisi dove sono morte due ragazze. Dai, sforziamoci, è solo una coincidenza che quell’ordigno esploda proprio là e a quattro giorni dall’anniversario della strage di Capaci. Capita. Tra due mesi per fortuna il Liceo Borsellino sarà chiuso…

Forse è stato un pazzo. O un cane sciolto, qualcuno che ce l’aveva con qualche studentessa figlia di qualche “amico dei nemici”. Chissà. Ma la mafia, qualunque nome gli dai, mette pure le bombe dove vanno a scuola i loro figli?

Ma sì, un pazzo cane sciolto, come quello che uccise il presidente degli Stati Uniti nel 1963, perché anche un matto può saper sparare con un fucile o mettere una bomba. E il fatto che la scuola si chiami ‘Morvillo-Falcone’, è una coincidenza come lo era quella che c’era un boss mafioso di New Orleans che mezzo secolo fa aveva giurato vendetta ai fratelli Kennedy. Coincidenze e quindi tutte minchiate, infatti quel mafioso siculo-americano che tutti chiamavano Carlos ma era nato Calogero, è morto nel suo letto 40 anni dopo Dallas.

Noi lo abbiamo capito cosa voleva dire Grasso tre anni fa qui a New York, quando venne a commemorare i cento anni dell’assassinio di Joe Petrosino. Che la mafia, a Palermo, Brindisi o Dallas, non agisce mai senza essere sicura che è anche “per conto d’altri”. Altrimenti non sarebbe più mafia. E allora, con dolore ma anche tanta rabbia chiediamo oggi al Procuratore nazionale dell’Antimafia, che ci aveva appena dichiarato che un magistrato deve sempre cercare la verità senza mai smettere anche quando altri ne vogliono imporre un’altra: quando tempo si dovrà aspettare per quella verità che possa fare giustizia per due ragazze di 16 anni morte per “conto d’altri”?

 

 

Stefano Vaccara

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