New town Catania

«Catania è una città a rischio sismico e noi vogliamo che tutti, dai cittadini all’amministrazione, ne siano messi al corrente. Solo chi sa può agire e quindi prevenire eventuali pericoli», con queste parole Paolino Maniscalco, presidente del CISPA “Giovanni Campo”, ha aperto lunedì sera l’incontro “La terra trema… e se tremasse a Catania?”, un dibattito sul rischio sismico nel capoluogo etneo e in tutta la Sicilia orientale organizzato nella sede di CittàInsieme insieme a Italia NostraLipu<Wwf Catania e Comitato Porto del Sole. Ad illustrare la situazione territoriale e le possibilità di intervento, oltre a Maniscalco, anche Roberto De Marco, già direttore del Servizio sismico nazionale. 
 
«Per fare prevenzione servono due cose: la conoscenza del problema e i soldi necessari a risolverlo. In tutti questi anni le conoscenze sono rimaste chiuse nei cassetti mentre i soldi sono stati interamente spesi, di certo non per la prevenzione», sono le accuse di Maniscalco all’amministrazione passata. «Catania è l’unica città in Italia in cui non solo c’è la conoscenza della vulnerabilità di tutti gli edifici pubblici ma anche di quelli privati». Parole dure quelle del presidente del CISPA che, indignato, fa riferimento a carte ben note da anni: il “Censimento di vulnerabilità degli edifici strategici e speciali” (redatto dal Dipartimento Nazionale di Protezione Civile nel 1999, allora diretto da Franco Barberi) e lo studio “Progetto Catania”, un’analisi di tutti gli edifici privati della città (realizzato dal Gruppo Nazionale Difesa dai Terremoti, coordinato dal prof. Ezio Faccioli, nella seconda metà degli anni Novanta). Le conoscenze in materia sono dunque abbondanti, lo stesso non si può dire dei fondi messi a disposizione per agire, agire in fretta. «A Catania – ma è avvenuto così in tutta la Sicilia – quando un sindaco voleva fare una strada nuova la chiamava ‘via di fuga’. E’ così che sono stati spesi tutti i soldi per la prevenzione (quelli avanzati dai fondi per la ricostruzione dopo il terremoto del ’90, ndr) per costruire viale Alcide De Gasperi ma anche per fare i noti parcheggi scambiatori», continua Maniscalco, che aveva già denunciato il problema nella famosa puntata di Report dedicata alla nostra città. «Abbiamo già perso abbastanza tempo – aggiunge. Adesso bisogna ricominciare partendo dall’informazione. Ecco perché riteniamo importante il prossimo appuntamento, la prima settimana di giugno, con gli Stati Generali». Appuntamento, questo citato da Maniscalco, aggiunto solo successivamente al calendario degli incontri su Catania, in seguito ad una lettera del movimento Cittainsieme al Sindaco Stancanelli. «Mettere in sicurezza la nostra città, partendo dalle scuole, significherebbe non solo salvaguardare la nostra sicurezza ma anche ridare fiato all’economia edilizia catanese», conclude. 
 
Roberto De Marco traccia le drammatiche linee di pericolo che percorrono la nostra penisola. Dati statistici, ricerche sul campo e, più di tutti, lo studio e l’analisi dei sismi passati fanno la più esaustiva fotografia del panorama nazionale. Si parla di 30mila terremoti avvenuti negli ultimi mille anni, di cui 200 davvero distruttivi. La media di un sisma ogni sei anni, per un totale di circa 12 mila morti solo nell’ultimo secolo. Cifre agghiaccianti eppure «l’Italia è stata fortunatissima perché dal 1908 (terremoto di Reggio Calabria e Messina) al 2008 (terremoto dell’Aquila) nessun terremoto aveva più colpito e distrutto un centro urbano», dice De Marco.  
 
«Bisogna arrivare prima di dover dire “adesso facciamo l’Aquila2” e puntare alla prevenzione, soprattutto in un paese come il nostro, ricco di così tanti beni storico artistici». Sulla possibilità di creare delle New Town, De Marco illustra le innovative tecniche di ricostruzione con cui si sta procedendo a ricomporre il capoluogo umbro. «Si tratta di interporre “isolatori sismici”, che servono a dissipare il terreno, tra le fondamenta di un edificio e la base dello stesso. Tecnica questa, applicabile non solo a edifici di nuova costruzione ma anche a strutture già esistenti», spiega. 
 
Nulla da eccepire, secondo De Marco, sulla tempestività e la qualità degli interventi disposti dopo il terremoto. Ma quanto vale agire a tragedia avvenuta? «E’ enorme il divario tra quello che questo Paese conosce ed è in grado di fare in termini di prevenzione e quello che poi, in concreto, fa», lamenta De Marco che aggiunge: «Fare prevenzione dal punto di vista politico non è conveniente perché non solo si spendono soldi per cose che non verranno mai inaugurate ma soprattutto significa mettere vincoli e alzare paletti procedendo lungo la strada della legalità, quella che purtroppo manca».  
 
L’uomo e la paura della calamità naturale restano poi un capitolo a parte della nostra storia. Di certo è importante parlarne ed è proprio dall’informazione che quest’incontro vuole partire, dall’informazione per fare e fare bene perché «Anche a Catania, come in tutte le città a rischio sismico, si sa cosa può accadere e come bisogna agire. L’unica incognita resta il quando. Fate presto!», conclude De Marco.

 

Federica Motta

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