Nebrodi, la denuncia del sindaco sotto scorta «Qui c’è in corso un nuovo attacco allo Stato»

«Sui Nebrodi non c’è posto per le vacche sacre. Se lo Stato non interverrà, sono pronto a consegnare la fascia di primo cittadino al prefetto e dimettermi». Il nuovo anno è appena iniziato, ma il timore di Fabio Venezia, giovane sindaco di Troina, è che il tempo possa riavvolgersi all’indietro, all’epoca in cui i pascoli tra le province di Enna e Messina sottostavano alla logica del più forte che, da queste parti, spesso coincide con i clan. Un’epoca in cui il ruolo dello Stato si limitava alla formalizzazione di affitti concessi a condizioni vantaggiose e senza alcun controllo su chi, grazie a quei terreni demaniali, avrebbe spalancato le braccia davanti alla pioggia di fondi messi a disposizione dall’Unione europea

Giunto al secondo mandato da primo cittadino, Venezia è stato uno dei protagonisti della fase di cambiamento che ha interessato la gestione dei pascoli. Anni in cui i Nebrodi sono finiti al centro delle cronache nazionali: dall’attentato all’ex presidente del Parco, Giuseppe Antoci, le cui indagini l’anno scorso si sono però arenate, al protocollo di legalità, ormai divenuto legge, che obbliga la pubblica amministrazione a chiedere la documentazione antimafia a chiunque faccia istanza di concessione dei terreni. Ed è proprio grazie alle nuove norme se l’impegno del primo cittadino di Troina, che detiene la proprietà di migliaia di ettari ricadenti anche nel territorio di Cesarò, ha portato tra il 2015 e il 2017 a una serie di interdittive emesse dalle prefetture di Messina e Catania nei confronti di aziende agricole considerate vicinissime alle cosche mafiose

Questi successi oggi sembrano però di nuovo a rischio. Tutto è iniziato a fine novembre, quando il Comune di Troina e l’Azienda silvo-pastorale, che ha il compito di gestire i beni demaniali, hanno segnalato ai carabinieri una scoperta inquietante. «Abbiamo ricevuto segnalazioni a cui sono seguite le conferme – dichiara Venezia a MeridioNews -. Su un lotto che era stato tolto a una famiglia raggiunta da interdittiva antimafia, e che al momento era sfitto, sono stati trovati animali un tempo appartenenti alla loro azienda». In un altro contesto, in ballo ci sarebbe l’ipotesi di pascolo abusivo, ma stare a questa lettura per Venezia sarebbe limitativo. «Il segnale è chiaro, si tratta di un nuovo attacco allo Stato», va avanti il sindaco. Che poi richiama il caso delle vacche sacre delle ‘ndrine calabresi, lasciate pascolare indisturbate in terreni altrui per timore di ritorsioni: «Non possiamo tollerare che accada lo stesso qui».

Alla prima segnalazione sospetta, ne è seguita un’altra. Anche in questo caso le mucche e le pecore sarebbero risultate riconducibili a una società colpita dal provvedimento prefettizio. Stavolta gli animali sarebbero stati visti pascolare indisturbati in un terreno ricadente in uno dei lotti che l’Azienda silvo-pastorale ha messo all’asta e assegnato, dopo avere revocato i contratti con le società in odor di mafia. «La sensazione è che quelle stesse famiglie possano avere deciso di usare prestanomi e la forza dell’intimidazione mafiosa per riuscire a mantenere il controllo», è il commento di Venezia.

A indagare sull’accaduto sono stati anche gli uomini dello Squadrone cacciatori di Sicilia, presente sui Nebrodi dall’indomani dell’agguato ad Antoci, e che di recente proprio a Troina hanno compiuto un sequestro di armi in possesso di due allevatori. Tutto comunque potrebbe finire presto in mano ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia. «Ho pronto un esposto, ma non mi fermerò qui – rivela Venezia -. Nelle scorse ore ho scritto una lettera al presidente Mattarella e al ministro Salvini affinché non si abbassi l’attenzione su questo territorio». Dal 2014, il sindaco vive sotto scorta, dopo essere stato destinatario di intimidazioni finite al centro anche di alcuni processi. «In questi anni le cose sono iniziate a cambiare. Oggi Troina è diversa e c’è chi ha creduto nella possibilità di rimanere e investire, come il gruppo di giovani che ha costituito una cooperativa e si è aggiudicato la gestione di un lotto. Anche per questo non è accettabile pensare che tutto torni come prima. A perdere non sarei io soltanto – conclude Venezia – sarebbe lo Stato».

Simone Olivelli

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