Nebrodi, attacchi di cimici e ghiri alle nocciole «La produzione è crollata, ma la Regione latita»

«Su 20 ettari di terreno, quest’anno non ho raccolto una sola nocciola». A riportare l’attenzione sui danni causati da ghiri e cimici alla produzione corilicola siciliana è Matteo Florena, imprenditore del settore e tra i promotori del comitato Nocciolo patrimonio da tutelare. «Per adesso siamo una decina ma ci siamo costituiti da poco – racconta a MeridioNews -. Abbiamo scelto questa strada perché forse è l’unica per farci sentire, data l’assenza delle istituzioni». Titolare di un’azienda di trasformazione del frutto nella zona dei Nebrodi, dove sono presenti circa 11mila ettari di noccioleti, Florena è cosciente di fare i conti con una problematica che non nasce oggi. «Sono almeno dieci anni che c’è questa situazione – spiega -. Non lo scopriamo oggi, ma purtroppo nessuno tra chi di dovere si decide a fare qualcosa. A rimetterci sono soprattutto i piccoli produttori, che si trovano nelle condizioni di dover abbandonare i terreni».

Secondo Florena, per il quale in alcune zone i danni avrebbero interessato il 90 per cento delle piante, le misure per contrastare gli effetti dei due animali ci sono. Anche se il ghiro è un animale protetto. «Esistono metodi naturali. Basterebbe, per esempio, favorire il ripopolamento dei rapaci che, nel caso dei ghiri, sono il naturale antagonista. Anche per le cimici – continua – esistono insetti che ne limiterebbero la presenza, ma bisogna attuare degli interventi mirati, mentre finora ci si è limitati soltanto alle promesse». 

La tesi è sostenuta anche da Felice Genovese, presidente provinciale dell’Ordine degli agronomi e presidente dell’associazione Il frutto dei Nebrodi. «Un tempo era più facile contrastare il cimiciato, perché i terreni erano maggiormente lavorati e, ripulendoli, si finiva per bruciare gli insetti che si accumulavano tra le sterpaglie ammassate», commenta. A rendere più difficile l’interlocuzione con la politica sarebbero anche i ripetuti cambiamenti nelle giunte regionali. «In pochi anni ci siamo ritrovati con diversi assessori all’Agricoltura e ogni volta bisogna ripartire daccapo – aggiunge Florena -. Oggi c’è Cracolici, sono tre mesi che proviamo a contattarlo ma parlargli sembra un’impresa impossibile».

Per risalire alle cause che hanno portato allo squilibrio dell’ecosistema bisogna tornare indietro nel tempo. Di diversi decenni. «Tra gli anni Cinquanta e Sessanta questi terreni sono stati irrorati con prodotti simili al Ddt – spiega l’agronomo Sebastiano Galvagno -. Un rimedio che per molti doveva servire proprio per eliminare le cimici, ma che ha finito per creare l’effetto opposto. Questi insetti, infatti, poiché presenti in grandissime quantità sono riusciti a sopravvivere, mentre – conclude – sono state le specie antagoniste ad avere la peggio».

Simone Olivelli

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