Naufragio Lampedusa, bambini ancora dispersi «Con il salvagente sarebbero stati tutti in salvo»

«A bordo erano tutti senza salvagente, se lo avessero avuto ora sarebbero tutti salvi». È il procuratore aggiunto di Agrigento Salvatore Vella a commentare la tragedia avvenuta ieri sera davanti alle coste di Lampedusa. Una barca lunga circa dieci metri con a bordo più di 50 persone si è ribaltata a sei miglia dalla costa siciliana. 

Sopravvissuti solo 13 uomini e nove donne. Il magistrato ha confermato anche che tra i dispersi ci sono diversi bambini «alcuni dei quali molto piccoli». Una delle donne superstiti del naufragio, che adesso si trova all’hotspot di contrada Imbriacola, ha raccontato infatti che «fra i dispersi c’è anche mia sorella con la sua bambina di appena otto mesi». 

Il procuratore aggiunto, negli uffici della Capitaneria di Porto di Lampedusa, sta ascoltando i racconti delle persone che sono sopravvissute a quello che ha definito un «viaggio anomalo»: partita dalla Libia più di 24 ore prima, l’imbarcazione ha fatto una sosta in Tunisia prima di affrontare la traversata. Quando sono arrivati i soccorritori il barcone «già imbarcava acqua e aveva il motore che non andava. Quella barca – ha aggiunto – non era in condizioni di attraversare il mare e nessuno aveva i salvagente, che in casi come questo sono l’unica speranza di salvarsi la vita».

La procura ha aperto un fascicolo contro ignoti ipotizzando il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e la morte come conseguenza di altro reato. «È strano – ha proseguito Vella – che siano stati fatti partire con queste condizioni di mare. Stiamo approfondendo sentendo i superstiti che sono tutti sotto choc per l’accaduto». Intanto, sono tredici i cadaveri – tutti di donne – recuperati dai soccorritori. Continuano le ricerche dei dispersi anche se il procuratore non nega che «ci sono delle grosse difficoltà dovute alle condizioni del mare. Speriamo di potere utilizzare nelle prossime ore anche i sommozzatori ma, al momento, le condizioni non lo consentono». 

Marta Silvestre

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