Naufragio, bimbo muore davanti alla mamma incinta Nave con 33 salme non può sbarcare in Sicilia per G7

«Dopo lo spostamento delle persone che si trovavano a bordo di un barcone di legno, seguito alla distribuzione dei giubbotti di salvataggio, un’onda ha colpito l’imbarcazione facendola inclinare pesantemente, e spingendo così in mare circa 400 persone, mentre altre centinaia rimanevano bloccate nella stiva sotto il ponte». All’indomani del naufragio che ha causato 33 morti, i dettagli di quanto successo prendono una forma più definita. A raccontarli è la Ong Moas, la prima intervenuta a soccorrere i migranti. Adesso viaggia verso Nord con a bordo le salme insieme a 604 provvissuti, ma non arriverà in Sicilia dove, per i mezzi impegnati nei soccorsi nel Mediterraneo, vige il divieto di sbarco nei giorni del G7. La destinazione deve ancora essere comunicata alla Ong. 

«Uno dei naufragi più tragici mai registrati», comunica Moas. I cadaveri ripescati in mare sono stati 32, un uomo è morto qualche ora dopo per annegamento secondario, causato dall’acqua penetrata nei polmoni. Inutili i tentativi di mantenerlo in vita da parte del personale sanitario della Ong. Molti superstiti versano in condizioni critiche, tra cui una donna al sesto mese di gravidanza che è tenuta sotto osservazione per sopravvenute complicazioni dovute allo stress per la morte del figlio, avvenuta ieri.

«L’aereo da pattugliamento Moas – ricostruisce l’organizzazione – ha iniziato a individuare imbarcazioni in pericolo alle prime luci del mattino di mercoledì 24 maggio 2017, e le lance veloci di salvataggio (RHIBs) della Phoenix sono state messe in mare poco dopo per cominciare il primo soccorso. A questo punto la Phoenix ha rilanciato un segnale di Sos alle autorità, mentre i RHIB recuperavano le persone dall’acqua e altri membri dell’equipaggio Moas cercavano di far saltare i lucchetti della stiva del barcone per trarre in salvo i sopravvissuti da sottocoperta».

A questo punto sarebbero intervenuti un elicottero della Marina Italiana, un aereo spagnolo, un vascello della Guardia Costiera Italiana, la nave Libra della Marina Militare e due mercantili. «Il numero di persone in acqua ha reso il salvataggio particolarmente delicato e ha reso necessaria la massima cautela mentre le navi di salvataggio si dirigevano verso le persone in acqua in una vera e propria lotta contro il tempo».

L’equipaggio della ong ha forzato la stiva del barcone dentro cui erano rimasti rinchiusi decine di migranti. Mentre proseguiva il recupero delle salme, il team per l’assistenza post-soccorso di Moas ha iniziato a curare chi si trovava in condizioni critiche. Tre dei pazienti in condizioni mediche gravissime, fra cui due con ossa fratturate e una donna al nono mese di gravidanza con delle complicazioni (accompagnata da due familiari), sono stati evacuati e trasportati dalla Phoenix alla nave Libra della Marina Militare.

«Siamo tutti devastati dalle inutili morti in mare – commenta Regina Catrambone, cofondatrice di Moas insieme al marito – in modo particolare da quelle dei bambini piccoli. Chiediamo con forza che i leader del G7 riuniti per il summit in Sicilia, nel cuore di questa crisi umanitaria, si concentrino sulle soluzioni umanitarie da attuare invece che su irrealistiche discussioni basate sui controlli alle frontiere. Mentre la Phoenix fa rotta verso nord non trasporta con sé solo il peso di 33 corpi senza vita recuperati dal mare, ma anche quello dell’apatia dell’intera comunità mondiale e dei suoi leader». Secondo i dati aggiornati della Guardia costiera, nella giornata di ieri, i migranti soccorsi sono stati circa 2.100 in undici operazioni.

Redazione

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