«Quando una passione diventa lavoro, deve essere vissuta sino all’ultimo respiro». È la formula essenziale del codice di autoregolamentazione elaborato dai Nadiè, la band catanese nata nel 2005 dall’incontro tra Giovanni Scuderi, Alessandro Vitale, Lorenzo Arcidiacono e Alfio Musumeci. Quattro ragazzi con le idee chiare, al punto da rifuggire qualsiasi etichetta che possa decodificare la loro musica. «La definizione di genere per i Nadiè è antipatica. Possiamo scrivere brani punk e poi spostarci in un classico valzer con archi e trombe».
Nonostante tutto, i media hanno coniato per loro il termine alt-rock autorale, un bollino appiccicato per via delle sonorità taglienti e dei testi impegnati. Nella musica nulla può essere lasciato al caso. E i testi del giovane gruppo vanno ascoltati, assaporati, compresi. La band si ispira apertamente alla sicilianità, ma non ne fa una sterile bandiera. Lo sguardo è rivolto ai «problemi su larga scala», quelle sfaccettature di vita quotidiana portate avanti con sacrificio e inossidabile pazienza. Con tutto ciò che questo comporta, perché a differenza «di chi parla di quartieri e periferie, noi cerchiamo di farlo parlando di un paese intero».
Giovanni Scuderi, voce e chitarra del gruppo, punta il suo obiettivo soprattutto sulle «orecchie giuste». Quel pubblico attento, sensibile, pronto a recepire le novità senza contraccolpi. «Per noi, il lavoro di musicisti è una cosa seria – spiega l’artista – C’è un rigoroso rispetto per chi ci segue e per chi siederà più avanti al nostro tavolo. Catania è la nostra realtà, una città artisticamente viva che ogni giorno ci fornisce nuovi stimoli. Però i Nadiè hanno da sempre un respiro nazionale. Preferiamo parlare del paese Italia come se fosse una piccola provincia, con le sue spaccature e le sue contraddizioni».
Questo giorno il prossimo anno è il loro primo lavoro, album uscito nel lontano 2009. Oggi la band è alle prese con la realizzazione del nuovo disco, un percorso consumato con razionalità e senza assilli.
«Il nostro nuovo album – prosegue Scuderi – sarà disponibile alla fine del 2015. Stiamo facendo pre-produzione e abbiamo già chiara l’idea portante. Un lavoro a tinte forti, con testi cinici e musiche ricercate. Vogliamo realizzare qualcosa a cui il pubblico si appassioni, ma solo per chi ha il tempo di dare il giusto peso a un contenuto. Oggi si ascolta di fretta, facendo altro».
Il gruppo è attivo da più di 10 anni. Guardando indietro, c’è qualcosa che non rifareste? E qualcosa che vi siete pentiti di non aver fatto?
«Le esperienze sono come i tasselli di un mosaico, quello che conta è la figura che ne viene fuori alla fine. Ci sono molte piccole realtà che vanno spinte e avvalorate, piccoli festival che mettono al centro la musica e la sostanza. Associazioni, cooperative, gruppi di ragazzi che si spendono per organizzare un palco in un piccolo centro di provincia. Queste sono soddisfazioni. E poi ci sono i talent. Avere le idee chiare su ciò che si vuole raggiungere è la chiave di lettura di tutta una carriera. Avere lo scopo».
In questi anni avete suonato al fianco di artisti di spicco, citiamo gli Afterhours, i Tre Allegri Ragazzi Morti e i Verdena. C’è un nome che manca all’appello e al quale aspirate?
«L’esperienza con i grandi della scena indie ci è servita per costruire l’identità di una band che nutre grandi ambizioni. Le collaborazioni sono sempre importanti perché sono esperienze formative che non dimentichi. Oggi ci piacerebbe collaborare con artisti che condividono la nostra idea di musica. Essere sinceri alla fine paga sempre. Chi ti viene ad ascoltare lo sa».
Avete alle spalle un’intensa attività live. C’è sempre un posto che rimane nel cuore e viene considerato speciale.
«Sono tante le piazze, le città, i luoghi che ci hanno accolto favorevolmente, ma l’esperienza vissuta a Savignano sul Rubicone (Forlì) con gli Afterhours, nel 2011, è quella che ricordo con più piacere. Ventimila persone che ascoltavano con attenzione una band siciliana semisconosciuta. Durante il concerto si è materializzata una inaspettata sinergia con il pubblico. È stato molto appagante. Quella sera – conclude il musicista – abbiamo venduto una impressionante quantità di dischi. Forse, proprio lì siamo entrati in classifica. Per 15 minuti».
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