Musumeci fa il pienone alle Ciminiere e guarda avanti «Io candidato? Sto lavorando alle liste per le Regionali»

«Sto lavorando alla preparazione delle liste per le Regionali». In una sala congressi che registra il pienone, Nello Musumeci fa chiarezza sul proprio destino. Il piglio è quello di sempre e anche il clima, tra applausi e le urla di chi forse ricordando il suo mandato decennale invoca la resurrezione delle Province. Tuttavia, per quanto il presidente non manchi di puntare il dito contro i giornali – «non li vorremmo amici, ma vorremmo non fossero nemici» – accusati di oscurare i traguardi raggiunti fin qui per dare spazio a polemiche e nervi scoperti, anche il più strenuo dei sostenitori sa che la partita all’interno del centrodestra è tutta da giocare. A partire dagli assessori che, al completo, hanno assistito dalla prima fila all’intervento finale di Musumeci, in occasione dell’evento organizzato alle Ciminiere di Catania da Diventerà Bellissima per il quarto anniversario dalla proclamazione del governo regionale. 

«Abbiamo bisogno di continuare a lavorare – ha detto dal palco Musumeci – Serve che dimostriate di avere fiducia in questa coalizione. Ogni assessore rappresenta un partito eppure qualcuno, qualche giorno fa, ha detto che Musumeci considera i partiti un cancro. Io considero un cancro la partitocrazia, che è cosa diversa». Il riferimento neanche nascosto è a Gianfranco Miccichè, dopo le parole non lusinghiere che il commissario di Forza Italia ha pronunciato di recente, a riprova di come la ricandidatura di Musumeci sia qualcosa da conquistare sul campo. Il diretto interessato, però, ribadisce di avere già segnato tutte le reti che potevano essere siglate e che per fare di più servono altri cinque anni. Un refrain che ogni politico uscente a qualsiasi latitudine ripete, ma che nel caso di Musumeci fa leva anche sugli impedimenti causati dal Covid-19. «Con la pandemia – ha detto il governatore – ho capito che non potevo completare le cose che volevo fare. Ma se il presidente era inadeguato, allora gli assessori sarebbero usciti dal governo. Io invece credo che nessuno voglia rompere il centrodestra, nessuno vuole restituire la Sicilia ai comunisti». Poco dopo una frase in siciliano rivolta agli assessori, ma per interposta persona, perché i referenti sono i vertici dei partiti. «Attenti, perché stu babbiu ci può fare male». Musumeci, qualora ce ne fosse bisogno, ha ribadito di volerci essere ma al contempo di non essere disposto a barattare l’autonomia. «Chi governa è il presidente con gli assessori, i partiti pensino alle proposte. Questo presidente, la giacca non se la fa tirare da nessuno». 

Nell’ora abbondante che ha preceduto l’appello alla fiducia, che se dipendesse soltanto dalla platea «di volontari, altro che truppe cammellate» sarebbe già cosa fatta, Musumeci ha sciorinato numeri e obiettivi raggiunti. Dall’impegno sul territorio, nel campo della prevenzione dei rischi idrogeologici, alla cultura, dalla sanità alle fasce deboli, il numero uno di Diventerà Bellissima si è detto più volte orgoglioso del cammino intrapreso dalla Sicilia in questi quattro anni, arrivando anche a ricordare le cinque medaglie olimpiche di Tokyo e l’incontro con gli atleti isolani. Con l’ars oratoria dei tempi migliori, Musumeci non ha lesinato stoccate al governo Crocetta, nominato due volte per nome anche se l’obiettivo originario era soltanto quello di usare perifrasi. «Quando mi sono insediato, i dirigenti generali mi dicevano che non erano abituati a parlare con gli assessori perché cambiavano spesso. Ne avevano (il governo Crocetta, ndr) cambiati 56, io ne ho dovuti sostituire soltanto cinque», ha sottolineato Musumeci, soffermandosi poi sui diversi casi che hanno riguardato Vincenzo Figuccia, Vittorio Sgarbi e il compianto Sebastiano Tusa. 

Tra le tante cose da fare che Musumeci vorrebbe ritrovare nell’agenda di governatore dopo le Regionali del prossimo anno, ci sono le riforme ferme da tempo all’Ars. Quell’assemblea regionale presieduta proprio da Gianfranco Miccichè, dove per molto tempo la maggioranza è stata risicata e il voto segreto ha dato più di qualche problema. Musumeci le ha elencate un po’ tutte: forestali, consorzi di bonifica, Ipab, Iacp e rifiuti. Su quest’ultimo tema, una volta di più ha rimarcato la volontà di far sì che in Sicilia sorgano almeno due inceneritori. O, seguendo le sue scelte lessicali, «due termoutilizzatori». Un investimento quest’ultimo che dipenderà anche dal risultato della manifestazione d’interesse indetta dalla Regione e in scadenza a fine anno, dopo due proroghe: «Rifiuti in Sicilia significa anche mafia e corruzione, così (con gli inceneritori, ndr) tagliamo anche il cordone con le mafie».

Prima di Musumeci a prendere la parola era stato Ruggero Razza. L’assessore alla Salute è stato accolto da un applauso di pochi decibel inferiore a quello del governatore. Nel proprio intervento si è soffermato su quanto fatto in questi anni in un settore tra i più difficili dell’amministrazione. Anche in questo caso il punto di partenza di ogni discorso è stata la discontinuità con il passato. «Forse qualcuno pensava che si poteva ancora mettere mano sulle nomine sulla sanità», ha detto Razza. Sottolineando poi di avere operato affinché la sanità non venisse più vista come «merce di scambio elettorale» ma ponesse al centro «i pazienti e i loro bisogni». L’assessore, seppure senza fare un esplicito riferimento, ha ringraziato Musumeci per la fiducia concessagli nel momento più duro per Razza, all’indomani dell’indagine per la vicenda dei falsi dati Covid. «Ne sono stati commessi errori, ma non in malafede, mi consolo che le stesse incertezze sono avvenute anche altrove», ha detto Razza. 

Per chi ha assiepato le Ciminiere di Catania – tra loro anche la deputata di Attiva Sicilia Angela Foti in rappresentanza dei colleghi deputati che da tempo collaborano con il partito del presidente – l’isola, bellissima, lo è già diventata. «Noi siamo coloro che hanno liberato le istituzioni della Sicilia dalla mafia», ha detto dal palco il deputato regionale Pino Galluzzo.

Simone Olivelli

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