Ormai siamo al rush finale, i partiti stanno facendo le loro mosse, poi toccherà ai singoli, con gli spostamenti sullo scacchiere che sono già iniziati in vista delle Regionali. Al momento niente è ancora delineato, soprattutto nell’attuale maggioranza di governo, dove la seduta di oggi in Assemblea regionale ha il sapore di una resa dei conti. Nello Musumeci tornerà per la prima volta in Aula dalla famigerata votazione per i grandi elettori, con tutte le polemiche che ne sono seguite. Ufficialmente lo farà per presentare lo stato dell’arte dei lavori per catalizzare e impiegare i fondi del Pnrr, ma è lecito pensare che le discussioni da affrontare saranno assai più complesse e articolate.
A preoccupare Musumeci non saranno tanto gli attacchi da parte dell’opposizione o le note tecniche sul Pnrr, quanto le possibili frecce in arrivo – ancora una volta – dalla sua maggioranza. L’attività romana del presidente della Regione, la ricerca di un appoggio politico nelle segreterie romane, la ritrovata intesa con Fratelli d’Italia, infatti, hanno rafforzato la posizione di Musumeci in ottica di una ricandidatura, ma hanno anche creato scompiglio nelle varie compagini di una coalizione che – lo si è visto durante le elezioni del presidente della Repubblica – tutto è fuorché solida. E le avvisaglie c’erano state già in settimana, prima con le parole della presidente della commissione Sanità, la forzista Margherita La Rocca Ruvolo, che non le ha mandate a dire al suo assessore, Ruggero Razza, alter ego politico di Musumeci, per la scarsa condivisione dei piani e delle prospettive per l’emergenza sanitaria. Poi il caso Tuccio D’Urso, vera e propria cartina tornasole di quello che è il clima nel centrodestra.
D’Urso, coordinatore della struttura tecnica e soggetto attuatore dell’emergenza Covid in Sicilia, la cui testa è stata chiesta dal capogruppo di Forza Italia all’Ars, Calderone, dopo un post sui social dello stesso D’Urso che suonava come una vaga accusa di tradimento: «Devo farvi una confessione, mi sento come un soldato in prima linea che non deve schivare in ogni momento i colpi del nemico, ma il fuoco amico di chi, in teoria dalla tua stessa parte, invece ti spara alle spalle». Secondo Calderone il coordinatore si sarebbe permesso «di oltraggiare il Parlamento siciliano». Un carico di veleni, tra comunicati social e richieste formali, che tradisce tutta la tensione che nella maggioranza al momento è impalpabile. D’Urso aveva anche indicato Miccichè, Cracolici e Di Paola come responsabili per avere «privato l’amministrazione di una pattuglia di ottimi dirigenti» e in suo supporto è stato persino creato un hashtag.
Insomma, si cerca di colpire ancora una volta Musumeci in quella che ormai è una lentissima guerra di logoramento. Una guerra che ha visto il parlamento siciliano andare a passo di lumaca, con sedute lampo e lunghissime pause. Ne era stato un assaggio la ripresa dei lavori dopo le ferie estive, entrata nel vivo non prima di novembre, ne sono state conferma la lunga agonia per l’approvazione dell’esercizio provvisorio, poi la settimana di vacanza extra dopo le elezioni del presidente della Repubblica. Un incedere a passo lento che continua a far slittare discussioni importanti – molte delle quali alla base del programma elettorale di Musumeci – e soprattutto votazioni che potessero esplicitare, come avvenuto nel caso dei grandi elettori, le dure battaglie di posizione che erodono quotidianamente il centrodestra dal suo interno e allo stesso tempo portare alle possibili dimissioni del presidente della Regione, già sfiorate il mese scorso, che finirebbero per fare saltare il banco di una coalizione che non lo vuole, ma che al momento è tanto impreparata – su nomi, accordi, liste e quant’altro – per poterne fare a meno.
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