Musumeci apre al regionalismo differenziato «Ci sia attenzione a dislivello tra Nord e Sud»

«Le materie decentrate dallo Stato alla Regione Siciliana sono 10 e non 23. Alcune riguardano gli usi civici, la caccia, la pesca, che nel ’46 potevano consentire una legislazione primaria, ma oggi obbediscono alla legislazione europea, poi alle norme nazionali e poi regionali. Che poi non abbiamo saputo usare la specialità del nostro Statuto è anche vero». Lo ha detto il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, intervenendo al Meeting di Rimini a un dibattito – insieme ai governatori di Lombardia, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e della Provincia autonoma di Trento – sul regionalismo e l’autonomia differenziata

Un tema fortemente sostenuto dalle Regioni del Nord Italia e rispetto al quale dalla Sicilia si guarda con grande attenzione, anche in virtù del fatto che comporterebbe il rischio di aumento del dislivello tra l’area settentrionale e quella meridionale del Paese. Non è un caso che, ad esempio, proprio contro ogni ipotesi di regionalismo differenziato si stiano muovendo i comitati del mondo della scuola, per scongiurare il rischio di un divario sempre maggiore anche rispetto all’offerta formativa del Nord Italia. 

Così Musumeci, nel suo intervento alla presenza dei colleghi governatori ha voluto ricordare la necessità di un percorso che non penalizzi il Sud, pur facendo autocritica e ammettendo gli errori della classe dirigente meridionale. «Quando si richiama il principio di responsabilità, sono il primo a riconoscere che le classi dirigenti che si sono alternate alla guida della mia Regione hanno utilizzato l’autonomia non in un contesto di responsabilità, ma di privilegio. Perché il familismo, l’assistenzialismo hanno caratterizzato buona parte delle generazioni del Mezzogiorno. Sono il primo a fare autocritica e non ho mai governato la Regione, se non nell’ultimo anno, perché eletto democraticamente dal popolo». 

Secondo il governatore «lo Stato avrebbe dovuto vigilare sulla classe dirigente siciliana, ma non l’ha fatto perché c’era una tacita, o palese, intesa. I siciliani sono diventati eterni donatori di sangue fino all’anemia a favore della classe dirigente romana. Sangue di cui si è spesso fatto mercato nero. Lo Stato è venuto meno alla propria funzione. Ci sono diseconomie legate alla geografia. È facile – prosegue Musumeci – dialogare coi mercati europei partendo dalla linea gotica. Per un commerciante della Sicilia arrivare ai mercati europei significa affrontare duemila chilometri. Da noi la diseconomia è il sistema del credito: non c’è più una banca meridionale. Ci sono solo sportelli di banche del Nord. Lo Statuto impone che le aziende che hanno lo stabilimento in Sicilia e la sede legale fuori paghino una quota in Sicilia. Roma non ha mai voluto e per questo motivo l’Isola è in credito di almeno 6, 7 miliardi di euro nei confronti dello Stato. È una ingiustizia pensare – si è chiesto Musumeci – che gli automobilisti siciliani paghino la benzina cinquanta centesimi in meno visto che nell’isola si producono milioni di barili di petrolio?». 

E ancora, a proposito dell’eterna polemica sul numero dei dipendenti regionali, Musumeci ha aggiunto: «Ho letto una relazione della Corte dei Conti che dice che la Regione Siciliana ha più dipendenti della Lombardia. Non è così perché non si dice che nell’Isola alcune funzioni che nella penisola sono esercitate dallo Stato vengono esercitate dalla Regione. Negli uffici del Lavoro ci sono dipendenti regionali, così come in quelli della Motorizzazione e dei Beni culturali. È chiaro che se trasferisci queste funzioni il numero dei dipendenti regionali aumenta. Non siamo contrari al regionalismo differenziato, anche se tengo a ricordare che nel ‘46 l’Autonomia speciale siciliana fu concessa proprio come un antidoto al separatismo e all’indipendentismo, dunque in funzione unitaria. Il punto fondamentale è che non deve restare un tema circoscritto fra lo Stato e le singole Regioni interessate, ma coinvolgere l’intero sistema regionale». 

Per il presidente della Regione, infatti, «se al Sud si alimentano perplessità e diffidenze non è per essere contrari in linea di principio all’autonomia differenziata regionale ma perché è mancato un tavolo posto in una stanza di vetro. L’Autonomia va bene se si garantisce la perequazione infrastrutturale, la perequazione fiscale e il Fondo perequativo, altrimenti si alimentano soltanto sospetti».

Miriam Di Peri

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