Era stata bollata come «un’operazione maldestra» per fare cassa ma che poteva essere salvata con un «passo indietro» che, però, non c’è mai stato. Così uno dei cavalli di battaglia dell’assessore regionale all’Identità siciliana Alberto Samonà rischia di trasformarsi in una debacle con gli inevitabili risvolti politici. Si tratta della Carta di Catania, chiamata così in omaggio alla sua artefice, l’ex soprintendente ai beni culturali di Catania Rosalba Panvini, e dei due decreti assessoriali, pensati dall’esponente della Lega della giunta Musumeci, che prevedevano la possibilità di prestare ai privati, per un periodo che va da due a sette anni prorogabili, i reperti conservati nei depositi dei musei regionali e delle Soprintendenze. Obiettivo «valorizzarli» in cambio, in base al valore del bene, di un corrispettivo in denaro o in servizi, tra cui la possibilità di restaurare i reperti.
Dopo un lungo braccio di ferro in commissione Cultura all’Assemblea regionale siciliana è però passata la risoluzione che prevede «il ritiro in autotutela dei due decreti assessoriali». A votare a favore tutti i partiti che rappresentano la minoranza di governo. Passate quattro settimane di audizioni con personalità e addetti ai lavori del mondo della cultura. «È venuta fuori una situazione di spaccatura nei confronti dei decreti – spiega a MeridioNews la deputata regionale del Movimento 5 stelle Roberta Schillaci – Alcuni sovrintendenti si sono mostrati favorevoli alla concessione ai privati, discorso diverso per il mondo accademico e dell’associazionismo. A mio avviso dare la possibilità di prestare i beni ai privati segnerebbe l’arrendevolezza da parte delle istituzioni».
Tra i punti più criticati di questa storia quello di paragonare i depositi dei musei e delle anguste cantine piene di materiali impolverati e abbandonati. Con il rischio che pezzi, magari ancora da studiare o di pregio, potessero finire nella hall di qualche albergo a cinque stelle. C’è poi l’aspetto della catalogazione dei beni e la possibilità di affidare la mansione anche a studenti universitari che svolgono dei tirocini formativi. «All’assessore avevamo chiesto di intraprendere un percorso condiviso con il ritiro dei decreti – continua Schillaci – Ma il passo indietro non c’è stato e di fatto siamo stati costretti a presentare la risoluzione, poi votata da tutte le forze politiche di opposizione».
Innegabile però che un problema sull’organizzazione dei beni in Sicilia non ci sia. Tra carenze di personale e annose questioni come quella della mancata stabilizzazione dei catalogatori: 400 addetti appartenenti alla società consortile Servizi ausiliari Sicilia, che dal 2007 attendono il passaggio di ruolo al dipartimento dei Beni culturali. «Questi decreti – conclude Schillaci – non risolvono il problema delle risorse umane, con le Sovraintendenze che verrebbero sovraccaricate di compiti aggiuntivi».
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