Muos, per i tecnici Cga non c’è pericolo per la salute  Attivisti: «Impossibile controllare attendibilità dati»

Il Muos non è pericoloso. È questa la tesi dei verificatori, nominati a settembre dal Consiglio di giustizia amministrativa per stabilire i possibili effetti sulla salute e sull’ambiente dell’impianto satellitare americano di Niscemi. Il pronunciamento è contenuto nelle 44 pagine della relazione integrativa con cui l’equipe ha descritto i risultati delle rilevazioni sul campo effettuate dal 9 all’11 marzo. Test che a gennaio erano stati annullati, per l’impossibilità di prendere adeguate misure cautelative per la popolazione.

Stando ai verificatori, i timori di attivisti e opinione pubblica sarebbero eccessivi. Le tre parabole installate nella base statunitense di contrada Ulmo – al momento ancora sotto sequestro disposto dal tribunale di Caltagirone – non sarebbero una minaccia, anzi avrebbero, in alcuni casi, effetti ancora più limitati rispetto a quelli previsti due mesi fa, quando il collegio si basò sui dati progettuali forniti dall’ambasciata Usa. «Le misurazioni – scrive la presidente Maria Sabrina Sarto – hanno interamente confermato le predizioni di campo elettromagnetico svolte dal collegio stesso, dimostrando in modo evidente l’infondatezza delle obiezioni mosse consulenti tecnici di parte». 

Durante la tre giorni di test, verificatori e tecnici di parte hanno lavorato divisi in tre gruppi. Con l’obiettivo di misurare le emissioni del Muos e delle altre antenne già esistenti nei dintorni della base. «Gli accertamenti svolti in loco – continua Sarto – dimostrano che i valori di campo elettromagnetico irradiato dalle antenne dell’impianto Muos sono in buon accordo con i valori predetti mediante simulazione». Nello specifico, i campi elettromagnetici raggiungerebbero «le decine di mV/m solo in un’area limitata a circa 200-300 metri verso sud dalla piattaforma dell’impianto», mentre negli altri punti sarebbero decisamente più inferiori. Come nel caso della casa di Salvatore Terranova, l’uomo che ha più volte segnalato diversi disagi che derivano dal vivere a ridosso della base: «Nell’abitazione è stata rilevata la presenza di valori di campo prossimi al rumore di fondo ambientale», specificano. 

A non correre problemi sarebbero anche le strumentazioni mediche, minacciate secondo i tecnici di parte dai campi irradiati dalle antenne Uhf. «La simulazione teorica aveva portato a una sovrastima di tali campi a causa delle ipotesi cautelative introdotte ed in particolare per avere ritenuto nulle le perdite di potenza del sistema di trasmissione – si legge -. Sulla base del risultato delle misurazioni, pertanto, si esclude la possibilità che le emissioni portino al superamento dei livelli di immunità elettromagnetica previsti per qualsiasi tipologia di apparecchiature elettromedicali». A proposito di salute, il collegio ha ricordato che la legge italiana al momento è quanto di «più cautelativo in termini metodologici e di valori imposti».

Gli esperti nominati dal Cga si sono poi pronunciati anche sui risultati della ricerca condotta dal professore Florenzo Marinelli, secondo il quale la presenza stessa delle antenne Nrtf nella base americana determinerebbe un’alterazione delle cellule. «Esperimenti singoli, come quello condotto dal dottor Marinelli, sono inadeguati per trarre conclusioni e vanno valutati all’interno della produzione scientifica di simile argomento», chiosano i verificatori. Che poi, sui ritardi di presentazione della certificazione antisismica per la realizzazione dell’impianto, dicono che «non spetta al collegio valutare i tempi»

Per quanto riguarda, invece, il delicato tema della potenza delle antenne – intorno a cui da anni va avanti una polemica basata sulla modifica del dato all’interno del progetto, passato da 1600 a 200 watt – i verificatori ribadiscono che «le misure stesse sono state effettuate controllando le potenze di emissione e riallineando tutti i valori in modo da raggiungere quelle massime ufficialmente sottoscritte dall’ambasciata americana». Valore che appunto sarebbe l’ultimo fornito dagli Stati Uniti: «Il valore di 200 watt è stato utilizzato sulla base delle dichiarazioni dell’ambasciata che conferma tale valore come corrispondente a quello massimo», ribadiscono.

Nessun problema, poi, per quanto riguarda le angolazioni del fascio irradiato dalle antenne: «Semplici considerazioni di trigonometria e di ottica geometrica, suggeriscono pertanto che a quota inferiore a 30 metri, e specificatamente alla quota di 1,5 m alla quale va valutato l’impatto dei campi elettromagnetici sulla popolazione, il fascio – assicurano i tecnici – è tutto contenuto all’interno del confine della base e non determina nessuna condizione di rischio per la popolazione». A stare al sicuro sarebbero anche gli aerei che, non utilizzando equipaggiamenti che impiegano tecnologie avanzate – come comandi di volo governati elettronicamente o computer per la gestione del volo – sarebbero «immuni per progetto alle interferenze da campi elettromagnetici ad altissima frequenza».

A replicare a queste osservazioni, però, sono i tecnici di parte degli attivisti No Muos: «Le misurazioni non sciolgono alcun dubbio, anzi confermano le serie perplessità già espresse sull’indipendenza del collegio dei verificatori – si legge in una nota -. Va sottolineato che tutti i sistemi di antenna sono comandati da remoto, sicché non è possibile controllare quale potenza sia stata utilizzata né se i dati che comparivano sui monitor di controllo fossero attendibili». Secondo i consulenti, quindi, le misurazioni sarebbero «prive di rigore scientifico» anche perché «non è stato possibile verificare come venivano realmente utilizzate le apparecchiature». Un riferimento poi sulla fiducia cieca data ai dati americani: «Ancora una volta sono state ritenute dal collegio prevalenti le dichiarazioni unilaterali dell’ambasciata Usa», attaccano i consulenti. 

Critiche poi alla gestione delle 46 antenne Nrtf presenti a Niscemi delle quali «ne venivano dichiarate attive solamente 18» e dell’antenna LF che, secondo i consulenti, «irraggia emissioni assai superiori al limite di legge per le lunghe esposizioni e alla schermatura degli apparecchi elettromedicali». Che concludono: «Per quanto riguarda la parte preesistente dell’impianto, le emissioni in bassa frequenza, anche se non le abbiamo testate alla massima potenza, si sono rivelate elevatissime e micidiali. Mentre delle altre è stata consentita la prova di un numero molto ridotto di antenne (18 su 41 presenti) in pochissimi punti e per lo più a potenze molto ridotte».

Simone Olivelli

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