Muos, Crocetta davanti ai deputati: «Pressioni dagli Usa» Lo Bello denuncia violazione email, ma furono gli hacker

Il Muos di Niscemi torna a far discutere, stavolta tra i palazzi romani. Ascoltati alcuni giorni fa dalla commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito, il governatore Rosario Crocetta e la vice Mariella Lo Bello hanno denunciato le pressioni delle autorità americane, e anche la violazione della casella di posta elettronica della numero due del governo regionale. Accesso che in realtà, ma questo l’assessora non lo dice, fu fatto dal gruppo di hacker Anonymous Italia, a danno di funzionari ministeriali con cui lei era in contatto. 

L’audizione di Crocetta era stata fissata alcune settimane fa, quando la commissione, che si occupa anche dell’inquinamento delle basi militari, si è recata in Sicilia per una serie di visite ispettive. Il presidente e la vice hanno ripercorso i vari passaggi che hanno portato a sospendere le autorizzazioni ai lavori del Muos. «Dopo quella sospensione – ha spiegato il governatore in udienza – sono stato più volte interpellato dalle autorità americane: dai consoli che si sono succeduti nella Regione Siciliana, fino all’ex ambasciatore americano che prima di andarsene dall’Italia è venuto nel mio ufficio per farmi sapere che il governo degli Stati Uniti d’America si sentiva fortemente umiliato dalle mie azioni e che queste avrebbero causato delle conseguenze sulle relazioni diplomatiche con l’Italia». Crocetta, poi, ha accusato le «istituzioni che contano» di essersi mantenute distanti dalle scelte messe in atto dal suo governo, «persino all’Assemblea Regionale Siciliana avvertivo delle ostilità».

Lo Bello ha rincarato la dose. «Dopo aver firmato la revoca delle autorizzazioni – ha raccontato l’assessora – abbiamo mandato il vicario del mio gabinetto a Sigonella per consegnare personalmente il plico, ma gli fu impedito addirittura l’ingresso». Poco dopo, stando sempre al racconto della vicepresidente, la sua posta elettronica e quella del Prefetto di Caltanissetta sarebbero state violate.  «Ad un certo punto – ha riferito Lo Bello – si era raggiunto l’accordo per cui le autorizzazioni alle modifiche di tipo edilizio all’impianto sarebbero dovute essere autorizzate dall’assessorato Territorio e Ambiente per il tramite del prefetto di Caltanissetta. Ebbene, successivamente la posta elettronica mia e del prefetto di Caltanissetta fu violata, perché le nostre conversazioni ce le ritrovammo pubblicate».

In realtà a violare gli account di posta di alcuni funzionari del ministero dell’Interno e di quelli della Difesa furono gli hacker del gruppo Anonymous Italia che resero note comunicazioni scambiate, tra il 16 e il 23 aprile del 2013, tra l’ex ministro della Difesa Giampaolo Di Paola, il vice ministro degli Affari esteri Staffan De Mistura, il capo di gabinetto della Difesa Vanni Nozzoli, il vice capo missione dell’ambasciata statunitense a Roma Hengel Douglas e l’assessore all’Ambiente della Regione Sicilia Mariella Lo Bello. L’obiettivo, peraltro raggiunto, era quello di bypassare in qualche modo il blocco dei lavori, chiedendo una deroga allo stop per garantire la manutenzione del Muos. 

A causa dello stop, «il ministero della Difesa – ha spiegato in aula Crocetta – avviò un’azione amministrativa nei confronti della Regione siciliana, chiedendo un risarcimento di 38mila euro per ogni giorno di sospensione perché riteneva l’opera strategica. Prima della data dell’udienza arrivano gli esami dell’Istituto Superiore di Sanità, noi a quel punto abbiamo pensato che avremmo perso la causa, con danni milionari che mi coinvolgevano dal punto di vista della responsabilità nei confronti del popolo siciliano». Ma anche in questo caso, le cose non andarono esattamente così. 

Nel ricorso presentanto per conto del ministero della Difesa, l’Avvocatura dello Stato scriveva: «Ingenti somme di denaro pubblico [in caso di prolungato stop ai lavori dei Muos ndr] sarebbero sottratte ai fini istituzionali compromettendone irrimediabilmente il buon esito. Ovviamente anche di ciò risponderebbe poi in via risarcitoria l’amministrazione regionale». Non dunque una richiesta di risarcimento danni, ma l’ipotesi che il governo statunitense potesse avanzare questa pretesa. 

Gian Piero Scanu, presidente della commissione, ha posto poi l’accento sul protocollo di intesa stipulato tra il ministero della difesa e la Regione Siciliana ai tempi del governatore Lombardo, e che prevedeva l’impegno da parte del ministero «a fornire la consulenza del centro interforze studi applicazioni militari (Cisam) e la strumentazione necessaria ad effettuare il monitoraggio continuo dei campi elettromagnetici, la suddetta strumentazione – ha letto Scanu – verrà integrata nella rete regionale di monitoraggio dell’Arpa Sicilia che ne curerà la gestione e la elaborazione dei dati e sarà resa disponibile all’amministrazione di Niscemi». Secondo quanto sostiene il deputato, però, questo impegno non è mai stato mantenuto: «Il Cisam non svolgeva di fatto questo tipo di verifica e nessuna attività di approfondimento è stata compiuta. Durante la nostra visita all’impianto – continua il presidente della commissione – abbiamo verificato la disponibilità dell’amministrazione americana a potenziare la rete di monitoraggio che aveva già realizzato in precedenza, perché quella dell’Arpa non era di ultima generazione. Il controllo delle centraline sarebbe congiunto tra amministrazione americana e Arpa». Una soluzione su cui i comitati No Muos hanno espresso perplessità, perché ancora una volta controllore e controllato verrebbero a coincidere.

Stessi dubbi espressi da Crocetta, secondo cui il miglioramento della strumentazione dovrebbe essere elaborato dall’Arpa, e al ministero della difesa e alle autorità americane andrebbero chieste le spese, «non sicuramente la definizione delle specifiche di costruzione, né la progettualità, né tantomeno la gestione delle informazioni. Il ministero della Difesa che è il garante di questo accordo un centesimo non ce l’ha mai dato, nonostante – conclude – più volte abbiamo posto la questione anche alle stesse autorità diplomatiche». 

Salvo Catalano

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