“Vogliamo l’essenziale”. Queste le ultime parole di Franco Nisticò, sabato, durante la manifestazione nazionale No Ponte a Villa San Giovanni, prima di essere colpito da un infarto. Essenziale come l’ambulanza che, secondo gli organizzatori, avrebbe potuto salvarlo, ma è arrivata troppo tardi. Essenziale come tutta la sanità e la sicurezza delle strade, che nel Sud scarseggiano. Sono queste le priorità per i manifestanti venuti da tutta Italia, e non il ponte sullo Stretto di Messina, al di là di tutte le tecniche valutazioni di fattibilità. La morte di Nisticò è stata per loro l’ennesima triste prova.
La manifestazione contro la costruzione del ponte aveva avuto un tormentato backstage. Gli organizzatori della rete No ponte raccontano che, per la paura che i manifestanti fossero troppi e troppo arrabbiati, a Villa San Giovanni si era corso preventivamente ai ripari. Numerose e varie le forze di polizia presenti, comprese le guardie ecozoofile e gli elicotteri, massima allerta per i cittadini, comunicazioni precauzionali spedite dalla prefettura ai commercianti, le scuole chiuse. Si temeva addirittura l’arrivo dei “black block”.
Il corteo, previsto per 10.30, parte con due ore di ritardo. Colpa ancora una volta, secondo gli organizzatori, delle carenti strutture viarie del sud. Un camion era uscito fuori strada sulla Salerno-Reggio Calabria: niente di nuovo, se non fosse che l’incidente ha bloccato i manifestanti provenienti dal nord. Alle 12.30 in circa 10mila si mettono in moto per raggiungere il lungomare di Cannitello, una frazione di Villa che si affaccia sullo Stretto. Vengono da tutta Italia, ma soprattutto da Sicilia e Calabria. Da Catania è partito più di un pullman.
A Cannitello è allestito un palco per gli interventi, tra i quali quelli dei portavoce della rete No ponte – sia da parte calabrese che siciliana – e il comitato dei cittadini di Scaletta Zanclea. Poi prende la parola Franco Nisticò, 58 anni, presidente del comitato per la messa in sicurezza della SS106, la statale che parte da Taranto e arriva a Reggio Calabria, spesso teatro di incidenti mortali. “Vogliamo l’essenziale” diceva, come l’ammodernamento della rete viaria già esistente al sud e il potenziamento di altri servizi fondamentali. I miliardi spesi per il ponte sullo Stretto di Messina in quest’ottica sembrano uno spreco. “Un intervento accalorato e passionale” nota Gianni Piazza, docente della Facoltà di Scienze Politiche di Catania, presente alla manifestazione. Ma ad un tratto, intorno alle 15, poco dopo aver concluso il suo intervento, Nisticò si accascia a terra: è stato colto da un infarto. Franco Nisticò, ex sindaco di Badolato, comune in provincia di Catanzaro, era stato un militante del Partito Comunista Italiano e, come nota Pietro Cossari su Calabria Ora, “è morto come Enrico Berlinguer, suo maestro e compagno di lotta e di partito”. Il segretario generale del Pci è stato colto da un ictus durante un comizio a Padova nel 1984.
(Un manifestante ha girato un breve video che vi proponiamo. Si tratta di uno dei momenti di maggior tensione, quando Nisticò viene trasportato all’interno dell’unità medica mobile. Il suo contenuto potrebbe quindi risultare forte)
E’ a questo punto, comunque, che le versioni si dividono: mentre le agenzie e le brevi news sui giornali danno seccamente la notizia, i blog e i testimoni raccontano una storia di disservizi, che sarebbe costata la vita all’oratore. Subito dopo il malore, la pronta richiesta di aiuto dal palco. Dai microfoni viene chiesto l’intervento delle forze dell’ordine. Ma sono due organizzatori e un medico-manifestante i primi soccorritori di Nisticò: massaggio cardiaco e respirazione bocca a bocca per cercare di rianimarlo. Eppure un’ambulanza c’era, almeno prima. “Ricordo benissimo di aver visto l’unica ambulanza presente in piazza andare via poco prima del malore di Nisticò. – spiega Piazza – Lo ricordo perché mi ha creato allarme: ho pensato, com’è possibile lasciare senza presidio sanitario una manifestazione autorizzata di migliaia di persone?”. Le voci subito dopo diranno che l’ambulanza era andata via per un’altra urgenza, che non riguardava il corteo.
Dopo circa venti minuti ecco arrivare un furgoncino della polizia: una croce rossa e bianca fa sperare ai manifestanti che si tratti di un presidio medico mobile. Eppure passano ancora altre decine di minuti. “La situazione era davvero drammatica – continua a raccontare Piazza – vedevo il medico dal palco chiedere strumenti ai parasanitari della polizia, che però sembravano smarriti”. Nessun defibrillatore, nessuna bombola d’ossigeno. Il medico va personalmente a cercare dentro il furgoncino, ma non trova nulla di adatto. Poi il trasporto agli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria e l’arrivo di una vera ambulanza mezzora dopo, quando chi doveva essere soccorso non c’era già più. Passate un paio d’ore, la notizia arriverà per telefono: Franco Nisticò non ce l’ha fatta.
Intanto, nella piazza monta la rabbia. Il lancio di bottigliette di plastica verso le forze dell’ordine spinge gli stessi organizzatori della rete No ponte a fare scudo davanti alla polizia, per evitare che la situazione degeneri. Il problema non era la polizia in quanto tale, ma in quanto simbolo di un ordine che, per chi era presente, non esisteva. “La presenza della polizia era vista da parte della piazza come inutile e inopportuna in quel momento”, spiega Antonio Scalia, del Cpo Experia.
Dopo un’ora, la manifestazione viene sciolta, ma la tensione non si smorza. “Abbiamo provato una rabbia inspiegabile – conclude il suo racconto Scalia – quella di vedere qualcuno che sta morendo sotto i tuoi occhi, davanti ai suoi figli, e la presenza dello Stato vestito di blu, piuttosto che vestito del bianco che hanno i camici dei medici, di chi avrebbe potuto, anche se non è certo, essere utile in quella situazione”.
La rete No ponte si è riunita stamattina e fa sapere che si affiderà ad un pool di legali per chiedere che vengano accertate le responsabilità per la morte di Franco Nisticò.
Foto di Marco Crupi
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