Muore anche chi “non ci sta”

“Chi cerca nella libertà qualcosa che non sia la libertà medesima è nato per servire”, ripeteva Alexis de Tocqueville. Questa frase ci viene in mente pensando al passaggio a miglior dell’ex Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, del quale in tanti, in queste ore, sono in tanti a tessere l’elogio. Lo sappiamo: ora diranno: ‘questi’ di Link Sicilia non si fermano nemmeno davanti alla morte. E infatti non ci fermiano. E diciamo subito che a noi, Oscar Luigi Scalfaro – al quale dobbiamo profonda pietà cristiana, più d’ufficio che sentita – non stava affatto simpatico. Per niente.
Di questo Scalfaro non ci è mai – diciamo mai – piaciuto nulla. Di tutte le cose che ha combinato in vita – e Dio solo sa quante ne ha combinate! – la peggiore di tutte è stata la scena dello schiaffo. Anni ‘50. Scalfaro era già magistrato e, se non ricordiamo male, anche parlamentare della Repubblica. In un locale pubblico vede una signora con un vestito un po’ troppo scollato. Si avvicina alla donna e, zact!, le assesta uno schiaffo. Bello ‘spicchio’!, diremmo oggi.
Cattolico integralista, Scalfaro non perdeva occasione per manifestare questa sua smania di fustigatore dei costumi. Ansia che perderà solo con il passar degli anni, soprattutto quando, nella cosiddetta Seconda Repubblica, da capo dello Stato, avrà bisogno dell’appoggio della sinistra italiana.
Un’altra scena, sempre da Prima Repubblica, ci riporta al 1986. Maxi processo di Palermo. Luciano Liggio, boss dei boss della mafia, nel corso della sua deposizione, ricorda di essere stato avvicinato da un mafioso che gli propone la partecipazione ad una cosa da ‘niente’: un golpe. Dietro, così si diceva, c’era, tra gli altri, il principe Junio Valerio Borghese.
Non sappiamo che quello che diceva Liggio era vero (e secondo noi era vero). Ma sappiamo che il golpe Borghese non è stata un’invenzione di giornali e giornalisti. In quell’occasione, il governo del nostro Paese – che all’epoca era retto da Bettino Craxi, con Scalfaro ministro degli Interni, perse un’occasione per fare chiarezza su questa storia. Nella quale, secondo alcuni, sarebbe coinvolto anche Mauro De Mauro, il giornalista del quotidiano L’Ora di Palermo scomparso nel nulla la sera del 16 settembre del 1970.
Ma la cosa più fastidiosa di Scalfaro è il suo celebre “io non ci sto”. Scalfaro, lo ricordiamo, diventa Presidente della Repubblica all’indomani della strage di Capaci, dove – è noto – perdono la vita il giudice Giovanni Falcone, la sua compagna Francesca Morvillo e gli uomini della scorta (uno di questi sopravviverà).
La strage di Capaci accelera la scelta del Presidente della Repubblica da parte del Parlamento del nostro Paese. E la scelta cade proprio su Scalfaro. Che, qualche anno dopo, verrà sfiorato dallo scandalo dei fondi neri del ministero degli Interni. Scalfaro si difenderà con io già citato “io no ci sto”. Brutta storia.

 

 

Redazione

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