Multiservizi, 130 posti ancora a rischio Giorgianni: «Meno appalti, personale in più»

Avrebbero dovuto incontrarsi lunedì a palazzo dei Chierici, ma il vertice è saltato per «problemi tecnici». La riunione tra i sindacati, i dirigenti di Catania Multiservizi e l’amministrazione etnea che sarebbe dovuta servire a scongiurare la procedura di mobilità per 130 dipendenti della partecipata è stata rimandata a data da destinarsi. Sarà «presto, prestissimo», garantisce Michele Giorgianni, presidente della società etnea al 100 per cento di proprietà del Comune di Catania. C’è da sbrigarsi, perché il documento nel quale si annunciavano gli esuberi – 130, appunto – è di agosto, e da allora molto s’è detto ma ancora il tavolo di confronto tra le sigle sindacali e l’azienda non ha portato ad alcun risultato.

L’idea, quella c’è – i prepensionamenti potrebbero sanare la questione – ma a mancare sono un accordo condiviso e un aiuto da palazzo degli Elefanti, «che potrebbe darci qualche compito ulteriore da svolgere». «Il fatto è che la legge prevede che le pulizie nelle scuole passino dai Comuni allo Stato: in questo modo, Multiservizi ha perso una parte importante dei suoi introiti, un appalto che valeva circa quattro milioni di euro», racconta Giorgianni, alla guida dell’azienda da novembre 2013. Per questo, ad aprile 2011, per 179 dipendenti era scattato il licenziamento e il parziale riassorbimento tra le fila della nuova realtà appaltatrice, la privata Dussmann. A cambiare le carte in tavola è stato il tribunale del Lavoro di Catania, che ha stabilito che il provvedimento aziendale fosse illegittimo e ha accordato, negli anni, il reintegro per tutti i lavoratori che avevano fatto ricorso.

Così, nel 2014, Catania Multiservizi si è ritrovata con «un appalto in meno, quindi soldi in meno, e personale in più», afferma il presidente. «Lasciare la gente per strada non fa piacere a nessuno – chiarisce – Ma io sono un amministratore e devo guardare ai bilanci. E i bilanci mi dicono che i soldi non ci sono». I numeri della partecipata, del resto, sono sostanziosi: 513 maestranze, delle quali 498 censite ad agosto 2014 e altre 15 reintegrate dal giudice negli ultimi mesi, «cioè il 98,5 per cento delle nostre voci di spesa». Di queste, oltre 250 di età compresa tra i 53 e i 68 anni.

«Se si facessero dei prepensionamenti sulla base di queste cifre – arringa Franco Tomasello, segretario generale di Unicobas – Il problema degli esuberi sarebbe risolto». «Questa è una ipotesi che ho avanzato io stesso – replica Michele Giorgianni – E che si basa sul famoso decreto Fornero sugli esodati, che consente di mettere in pensione il lavoratore, pagandogli comunque stipendi e contributi». Cioè, «paghi per gente che non lavora: è chiaro che non si trattava di un provvedimento legislativo fatto per salvare aziende come la nostra, noi non risolveremmo nulla». Le proposte per preservare i posti di lavoro della Catania Multiservizi dovrebbero arrivare dai sindacati, «ma per il momento non ne abbiamo ricevuta nessuna». È anche per questo motivo che Giorgianni sta immaginando alcune soluzioni: «Non sono ancora state discusse, perciò sono cose senza nessun seguito: si potrebbe proporre la mobilità invece che per i più giovani per i più anziani e poi chiedere loro se accettano un incentivo per accedere al trattamento pensionistico».

La questione, a ogni modo, «è delicata, c’è di mezzo il futuro di padri di famiglia e noi dobbiamo riuscire a non licenziare nessuno». Ci si riuscirebbe se il Comune affidasse alla sua stessa società «alcuni servizi in più». Questi ultimi, però, sono già attualmente assegnati ad altri: «Non è così semplice – sostiene il presidente della partecipata – Perché darli a noi sarebbe come spogliare Cristo per vestire Maria: non si tratterebbe unicamente di lavoro in più per Multiservizi, ma anche di lavoro in meno per qualcun altro».

L’amministrazione nel 2013 si era impegnata a cedere all’azienda comunale lavori per 20 milioni di euro, salvo poi permetterle di fatturarne poco più di 19 milioni, cioè un milione e 90mila euro in meno del previsto. «Certo è che ci sono alcuni servizi che non producono molto: per esempio, per la pulitura tombini abbiamo bisogno di rivolgerci a ditte esterne per affittare i macchinari, perché noi non li abbiamo e altrimenti dovremmo comprarli». E per fare acquisti è necessario un piano industriale, «cioè il contratto col Comune, che noi stiamo ancora aspettando e non sappiamo quando arriverà». In mezzo, ci sono 130 lavoratori e un’azienda che «può essere salvata soltanto dall’amministrazione».

Luisa Santangelo

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