«Il partito non ha alcun legame con il territorio, non dialoga con la base e non è vicino alle esigenze dei cittadini. Serve solo a chiedere voti». È una lunga arringa quella di Daniele Capuana, ex assessore provinciale allo Sport ed ex candidato sindaco democratico al Comune di Motta Sant’Anastasia, contro il Partito democratico. Lasciato sbattendo la porta, «dopo sei anni di militanza e nulla in cambio». Una lettera indirizzata al segretario regionale del Pd, Fausto Raciti, che si conclude così: «Ho vissuto la condizione di estromissione dal dibattito e di sacrificio sull’altare della convenienza quando non del più bieco opportunismo». «Era il minimo, dopo tutte le aggressioni politiche subite», aggiunge Capuana, che si dimette da tutte le sue cariche. Tra le quali quella di componente dell’assemblea regionale e del direttivo nazionale.
«Ho aderito sei anni fa senza chiedere niente», spiega il politico. Che ha cominciato la sua carriera politica nel 1997, sostenendo la candidatura di Enzo Bianco a sindaco di Catania. Da allora, poi, il suo percorso lo aveva portato tra le file del Movimento per l’autonomia di Raffaele Lombardo. Fino all’approdo nel centrosinistra catanese «di nuovo a supporto di Bianco». «Non sono mai cambiato – sostiene Capuana – Io ho un passato democristiano, non vedo incompatibilità con il Partito democratico. Non sono un cambiacasacca, ho militato per sei anni nel Pd etneo». Nonostante il suo territorio, Motta Sant’Anastasia, non abbia mai digerito l’ingresso di Articolo 4 tra i democratici. Il movimento politico del quale fanno parte Luca Sammartino e, soprattutto, Valeria Sudano. Quest’ultima contestata per la sua vicinanza alla famiglia Proto, proprietaria dell’azienda Oikos che gestisce la discarica di contrada Valanghe d’inverno, dal dicembre 2014 commissariata dalla prefettura di Catania.
Daniele Capuana è rimasto nel partito nonostante Articolo 4. E, soprattutto, nonostante i democratici non gli abbiano permesso di usare il logo del Pd per la sua candidatura a sindaco di Motta, nel corso delle elezioni amministrative del 2012. «Abbiamo perso per sette voti, questo è quello che hanno ottenuto», precisa. «Sono entrato nel Partito democratico perché volevo fare attività politica sul territorio, ma mi sono accorto che la dirigenza è totalmente distaccata dalla base e dalle esigenze locali». Ed è proprio la lontananza dai cittadini la colpa che la sua stessa maggioranza imputa al primo cittadino catanese Enzo Bianco. «Non penso che sia solo un problema di Bianco – replica Capuana – Credo che sia un affare un po’ di tutti, a partire dai deputati e dai senatori».
«Adesso, fuori dal Pd, stiamo lavorando per radicare Scelta giovane, un movimento che avevamo creato per dibattere su alcuni argomenti politici. Questo è un punto sul quale non molleremo», afferma Daniele Capuana. Che, nel corso delle ultime feste, ha sentito gli interessati dalla sua polemica solo per gli auguri. «Ovviamente stamattina ho ricevuto numerose telefonate – spiega – Ma non torno indietro». E a chi lo accusa di essere un voltagabbana replica: «Di solito i politici interessati al potere vanno verso chi comanda. Io da assessore provinciale mi sono dimesso. Ho dimostrato coi fatti di non essere attaccato alla poltrona, andando controcorrente». E adesso, dice, è pronto a rifarlo: «Nonostante il partito fosse latitante, ho sempre aiutato quando ho potuto: ho organizzato le liste per le amministrative e collaborato sempre alle primarie, sia a livello nazionale sia a livello regionale». E proprio rispetto alla Regione Sicilia Capuana rivendica gli oltre cinquemila voti guadagnati per il Pd: «Ma su questo governo di centrosinistra, davvero, preferisco non dire nulla».
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